Maxi truffa alle Poste di Parabita: il pm invoca 40 anni di carcere per i cinque imputati

Per il presunto ‘deus ex machina’ del piano truffaldino, Cosimo Prete, quale responsabile del settore consulenze,chiesti 13 anni. Avrebbe svuotato con la complicità di altri imputati, il conto corrente di una donna di origini eritree e di sedici anziani del paese.

Una dura requisitoria che si conclude con l'invocazione di ben 40 anni di carcere per i cinque imputati del processo sulla maxi truffa Poste di Parabita. Oggi, dinanzi al collegio della prima sezione penale, presidente Gabriele Perna, a latere Silvia Minerva e Alessandra Sermarini, il pubblico ministero Giovanni Gagliotta ha chiesto: 13 anni per Cosimo Prete, già assessore comunale, qui nelle vesti di responsabile del settore consulenze della filiale; 7 anni per Marcolino Andriola, 48enne, di Cellino San Marco e Antonio Silvestri, di 40, di Casavatore (Napoli) e Andrea Cesarini, 40, di Ladispoli (Roma); 6 anni per Luigi Cecere, 27, di Casavatore ( provincia di Napoli).

Tutti rispondono in diversa misura e a vario titolo, di truffa aggravata, peculato, falsità materiale e riciclaggio. Altri due imputati, invece, hanno scelto di essere giudicati in abbreviato: Stefania Di Matteo, 49, di Palombara (Roma) e Assunta Silvestri, 46 anni, residenti a Casavatore, (la seconda condannata a 4 anni dal gup Simona Panzera).

Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Elvia Belmonte, Alessandro Greco e Davide Dell'Atti per alcuni imputati. Invece, le parti civili sono difese da Walter Gravante, Luigina Fiorenza, Luca Laterza, Giuseppe Grasso, Francesca Conte, Luca Castelluzzo, Laura Pisanello, Luisa Urro e Giuseppe Gambellone.

La maxi truffa, avente come centro nevralgico, il piccolo comune del basso Salento avrebbe però mietuto altre vittime; più di dieci persone, in maggioranza anziani di Parabita sarebbero stati truffati e prosciugati dei propri risparmi. Ed in totale sono state sedici le persone, vittime delle truffe, a costituirsi parte civile.
 
Prete avrebbe architettato, come prima cosa, il piano per svuotare il conto corrente di una donna di origini eritree, ma residente a Locri, in Calabria, per più di un milione di euro ( ella già sentita nella scorsa udienza, avrebbe confermato tutto). Prete avrebbe sostanzialmente creato una sorta di copia del libretto, cointestato alla ignara vittima e ad una delle indagate a piede libero. Qui era confluita parte dei soldi, precisamente 437mila euro; la parte più sostanziosa era stata trasformata in otto buoni fruttiferi postali del valore di 100mila euro ciascuno; mentre altri 52mila euro erano stati consegnati, sotto forma di vaglia, a un autosalone di Lecce. Poche ore dopo aver trasferito in maniera truffaldina i soldi, infatti, gli indagati avrebbero fatto il primo acquisto: una Bmw serie 1, acquistata la sera stessa.

Altre auto, nel corso dei mesi successivi, sarebbero poi finite nella disponibilità degli indagati.

A scoprire la truffa un controllo interno di Poste Italiane. Dopo aver contattato la donna, i responsabili dell’Ente hanno capito che si trattava di un’operazione fraudolenta e hanno avvertito la Procura. È stata così aperta un'inchiesta dal sostituto procuratore Giovanni Gagliotta e le indagini sono state condotte dalla sezione di polizia giudiziaria.



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