Nessun reato ambientale: assolti tre responsabili della Copersalento di Maglie

Sentenza di assoluzione per le tre persone coinvolte nella vicenda giudiziaria dell’inceneritore ormai demolito. Gli imputati secondo l’accusa erano da colpevoli di avere eseguito le operazioni d’incenerimento dei rifiuti, senza alcune autorizzazioni.

Non avrebbero commesso alcun reato ambientale gli imputati che secondo l'accusa, invece, erano da ritenere "colpevoli" di avere eseguito le operazioni d'incenerimento dei rifiuti, senza che l'impianto fosse in possesso di alcune autorizzazioni e "sforando" i limiti di emissione della diossina. Nel tardo pomeriggio, è giunta la sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste", per le tre persone, coinvolte nella vicenda giudiziaria della Copersalento, s.p.a. di Maglie.

Il giudice monocratico della seconda sezione penale, dr. Pasquale Sansonetti, ha rigettato la richiesta di condanna alla pena di 2 anni e 30.000 mila euro di multa formulata  dal procuratore aggiunto Ennio Cillo, per : Egidio Merico, 65enne di Maglie, direttore dello stabilimento e i due legali rappresentanti che si sono succeduti negli anni, Francesco Della Casa 82 anni di Genova e Giovanna Terrile, 91 anni di Rapallo. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Andrea Sambati e Luciano Ancora del Foro di Lecce; Claudio Tampelli e Giovanni Benedini del Foro di Cremona; Angelo Paone del Foro di Genova. Mentre, Legambiente ONLUS si era costituita parte civile

Secondo l'accusa, rappresentata dal procuratore Cillo, gli imputati (Terrile e Della Casa limitatamente al periodo nel quale hanno ricoperto l'incarico di Presidente del C.d.A. e nelle rispettive qualità e competenze), avrebbero commesso alcune irregolarità nell'esercizio delle attività  di coincenerimento, secondo quanto disposto dal D. L. vo 133/05. Anzitutto, superando  il limite di emissione per diossine e furani, sia in occasione di un controllo interno del luglio 2008 ( 4 volte superiori al limite), che a seguito di quelli eseguiti dall'ARPA nel gennaio e nel maggio 2009 (in un controllo addirittura di 400 volte superiori). Furono dunque ingaggiate delle battaglie sui decimali, tra Procura e i  responsabili dell'inceneritore.

La Procura leccese contestava agli imputati anche di avere operato senza un impianto strutturalmente adeguato. Dunque, con recupero di energia della potenza Mw 11( attraverso un impianto con l'altezza del camino e la portata di fumi, oltreché la potenzialità combustibile che non poteva operare in "procedura semplificata") privo delle prescritte autorizzazioni e sprovvisto della valutazione d'impatto ambientale . Infine il sostituto procuratore evidenziava, come ipotesi di reato, anche il "getto pericoloso di cose", con emissioni in grado di arrecare danno alla popolazione della zona.

Gli avvocati difensori dei tre imputati hanno invece sostenuto e la loro tesi difensiva è stata pienamente accolta, come, anzitutto, la Copersalento fosse in possesso di tutte le autorizzazioni. Dunque, sia della procedura semplificata che ordinaria, poiché iscritta nel registro di utilizzatori dei rifiuti della Provincia di Lecce. Riguardo invece, lo "sforamento" nell'emissione  di diossina, la questione non sussisterebbe perché la fabbrica avrebbe utilizzato soltanto cippato di legno ( non inquinante) e mai CDR e dunque non doveva applicarsi alcun limite.Infine, in merito al presunto impatto negativo sul suolo, sarebbe stato dimostrato da una serie di accertamenti, come le emissioni non potessero avere avuto una ricaduta pericolosasu allevamenti e piantagioni.

Ricordiamo che nel febbraio 2010 l'impianto fu sottoposto a sequestro preventivo, a seguito del decreto del Gip Andrea Lisi e su richiesta del procuratore aggiunto Cillo e del sostituto procuratore Giovanni Gagliotta. Successivamente l'inceneritore fu prima smontato ed infine demolito.



In questo articolo: