Ritorna tristemente d'attualità, l'allarme inquinamento nella discarica ugentina di Burgesi dismessa a partire dal 2009.
La Procura leccese, dopo aver accertato la presenza di circa 600 fusti di rifiuti speciali e pericolosi, ha chiesto agli enti interessati di bonificare il sito. La richiesta, in considerazione di un elevato rischio ambientale, è stata avanzata al ministero dell’Ambiente, alla Regione ed al Comune di Ugento. Adesso dovranno essere adottate le misure necessarie a mettere in sicurezza l'area.
Il nuovo ritrovamento (erano in precedenza stati rinvenuti quintali di Pcb interrati) è avvenuto grazie alle dichiarazioni rese fra il 2014 e il 2015 dal "grande accusatore" Gianluigi Rosafio, nell'ambito dell'inchiesta sull'affaire rifiuti che coinvolge l'Ato Lecce 2.
Nove persone tra cui il politico Silvano Macculi rischiano il processo per le presunte tangenti in cambio di assunzioni all'Ato Lecce 2. Le parole di Rosafio hanno permesso di accertare la presenza di seicento fusti di policlorobifenili. Tali rifiuti sarebbero stati smaltiti illegalmente nei primi anni del Duemila nella discarica di Burgesi. Per trovare un riscontro alle parole dell'imprenditore 42enne di Taurisano, la Procura ha poi disposto accertamenti riguardanti lo stato ambientale del terreno su cui sorge la discarica. Sono emerse dall'analisi del percolato, tracce di Pbc che per fortuna non avrebbero intaccato la falda.
Rosafio nel processo d'Appello bis sullo scandalo rifiuti nel Basso Salento, è stato condannato a soli 6 mesi per minacce aggravate. È dunque caduta l'aggravante del metodo mafioso ed è intervenuta la prescrizione del reato di smaltimento illecito. Il primo processo di Appello, annullato con rinvio dalla Cassazione, si era concluso, con la condanna a 4 anni e 6 mesi dell'imprenditore, gestore di fatto delle ditte “Rosafio Rocco Servizi ambientali” e “Rosafio srl”.
