“La piazza non è loro”: Le intercettazioni dell’inchiesta sull’omicidio Fasano

Nel decreto di fermo, vengono delineati con chiarezza i risultati investigativi ottenuti grazie ad una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche, in seguito all’agguato mortale di Manuel Cesari

 

 

L’omicidio di Francesco Fasano, va inquadrato “in uno scontro in atto tra due fazioni venutesi a creare all’interno di una originaria associazione di persone dedite al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti che operava sulla piazza di Melissano e paesi contermini”. Con queste parole, il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi, firmatario del decreto di fermo assieme ai sostituti procuratori Stefania Mininni e Maria Vallefuoco, delinea con chiarezza i risultati investigativi ottenuti grazie ad una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche, in seguito all’agguato mortale di Manuele Cesari ( avvenuto il 23 marzo scorso).

L’omicidio di Manuel Cesari

Subito dopo l’omicidio di quest’ultimo, in una conversazione ambientale tra Luca Piscopiello ed Antonio Librando emergono le problematiche relative al “governo” dell’associazione. In particolare, Librando pur riconoscendo a Cesari una posizione di rilievo nell’ambito della criminalità locale, “rimprovera” il fatto di essere stato poco accorto è troppo plateale, tanto da cadere nell’agguato mortale. Non solo, poiché vengono avanzati sospetti su una possibile “soffiata” che avrebbe provocato l’atentato.

Librando: certo però che nessuno se l’aspettava…ma se ti dicono non andare girando alla cazzo di cane, cautelate no niente.

Piscopiello: va bene, ma non era uno che usciva…usciva solo quando doveva uscire

Librando: si ma questo è vero guarda…qualcuno che ha detto dove sta, ci è stato

Piscopiello: sine io la dico …qualcuno che stava lì con lui, magari seduto

Librando: quindi non ci prendiamo per il culo…questo se ne era appena andato …che poi è tornato..che nemmeno sapevano che tornava di nuovo

Piscopiello: che sempre…come faceva sempre..qualcuno che stava lì lo avrà detto…magari qualche messaggio è arrivato o sono passati..boh

Piscopiello: Boh, ora vediamo chi prende il posto suo pure…eh che ne so….non è che facciamo che stia ferma così ( n.d.r. intende l’attività di spaccio)..eh eh

Il tentato omicidio di Francesco Fasano e Pietro Bevilacqua

Nell’ultimo periodo Francesco Fasano, faceva parte di una fazione composta anche da Biagio Manni, Pietro Bevilacqua ed altre persone, in contrasto con quella composta da Luciano Manni ed i figli Daniele e Maicol, ma anche Angelo Rizzo e Luca Rimo. Queste violente frizioni, sarebbero culminate, anzitutto, con il tentato omicidio di Francesco Fasano e Pietro Bevilacqua, nella notte tra il 18 ed il 19 luglio scorsi, per la quale è accusato Daniele Manni. In che modo? Come afferma il pm nel decreto “esplodendo al loro indirizzo alcuni colpi di arma da fuoco senza riuscire ad ammazzarli per mero “miracolo”.

Ecco, a tal proposito un’altra intercettazione “illuminante”

Luciano Manni ( comunque non indagato per il tentato omicidio) : “Si sono messi in testa che vogliono la piazza? La piazza non è loro…non la gestice nessuno…a me mi devono toccare se hanno le palle da guerra…li spriculu tutti ieu”

Successivamente, sarà lo stesso Fasano, in una conversazione con l’amico Biagio Manni, a raccontare cosa successe quella notte.

Francesco Fasano: “a mie puru mi hanno menato susu” ( nd.r. mi hanno sparato addosso)

Biagio Manni: e dove stavi tu?

Francesco Fasano: Dietro a lui

Biagio Manni: Con un’altra macchina?

Francesco Fasano: si .

Biagio Manni: ma non avete visto niente , né quanti erano e ne no no

Francesco Fasano: No

E continua

F.F: È capace che vado a sedere là fuori sai? Sopra i gradini di casa sua e lo aspetto

B.M: non non fare minchiate quando esce che se ne va al lavoro alle 5 : 30, me la sbrigo io ( con rigo ferimento a Daniele Manni).

In realtà, continua il pm Cataldi, “appare significativo che la decisione congiunta ( da parte di Biagio Manni e Pietro Bevilacqua) di allontanarsi dai luoghi ordinariamente frequentati fosse intervenuta dopo le manifestazioni intimidatorie” . Francesco Fasano però, era rimasto sui soliti luoghi. Dunque, secondo il pm “l’unico a poter essere colpito dai Manni era proprio il Fasano, essendoci gli altri resi inrintracciabili”.

La ricostruzione dell’omicidio Fasano

A partire dalle ore 23 09, afferma il pm “una serie di telefonate venivano poste in essere da Daniele Manni ed Angelo Rizzo ( entrambi accusati di omicidio volontario, ndr), personaggio già emerso come abituale spacciatore di sostanze stupefacenti per conto di Daniele Manni”. Continua il magistrato, “dal contenuto delle conversazioni emergeva inoltre che i due davano una serie di disposizioni finalizzate a porre in luoghi sicuro persone a loro vicine e ad occultare l’autovettura Bravo evidentemente in qualche modo coinvolta nell’omicidio”.
Infine, “lo studio delle celle dei telefoni, durante tutta la notte dell’omicidio dimostrava che i due non erano rientrati a casa, ma da Melissano avevano vagato tutta la notte per diversi paesi fino a raggiungere Lecce”.
Conclude il dr. Cataldi “tutti gli elementi sopravvenuti ci inducono a ritenere che vi siano gravissimi indizi di colpevolezza…sia in relazione al movente, sia per la premeditazione“.