Operazione Vortice Deja vu. Scappò sui tetti durante il blitz, finita la latitanza di Sergio Notaro

Era riuscito a far perdere le sue tracce fuggendo sui tetti, il giorno del blitz. Finita la fuga di Sergio Notaro, arrestato in una villa a Cellino San Marco

Alle prime luci dell'alba di quell’undici novembre 2014, quando scattò il blitz che aveva portato all’arresto di alcuni esponenti della frangia leccese della Sacra Corona Unita, particolarmente attivi nel Nord Salento, nella ormai nota operazione «Vortice – Deja vu» che aveva fatto luce sui nuovi rapporti di collaborazione tra i clan storici fino a quel momento “in guerra” tra loro, Sergio Notaro, era riuscito a sfuggire all’arresto. Alla vista dei carabinieri del Comando provinciale di Lecce che insieme a quelli del ROS stavano eseguendo le 26 ordinanze di custodia cautelare in carcere, il 54enne, originario di Squinzano, si era dato ad una rocambolesca, quanto sobria, fuga sui tetti, facendo perdere le sue tracce lungo il percorso della ferrovia che costeggia la sua proprietà.
 
I militari, però, non si erano dati per vinti. Era importante non perdere tempo prezioso e iniziare fin dal giorno stesso dell’operazione a stringere il cerchio attorno a quell’uomo considerato uno dei personaggi chiave della Scu e dell’intera vicenda. La convinzione poi che il “fuggitivo” avesse trovato asilo in zone a lui familiari ha fatto il resto. È da lì, infatti, che sono partite le articolate operazioni di ricerca.
 
Come detto, dal giorno stesso del blitz, è iniziata una fitta rete di servizi di osservazione, pedinamenti e verifiche di tutte le persone “storicamente” vicine a Notaro. Un lavoro complesso, reso ancor più difficile dal fatto che molto probabilmente il boss avesse in un certo senso "previsto" quello che sarebbe accaduto e di conseguenza pianificato la sua eventuale fuga e latitanza già da tempo. Lo dimostra il modo in cui è riuscito a scappare, che conferma di quest’ipotesi. Lo dimostra anche l’efficace sistema messo in piedi a "compartimenti stagni", ognuno indipendente dall’altro. Ciò avrebbe dovuto garantire l’impermeabilità delle notizie ad eventuali aggressioni delle forze dell’ordine che era stato messo in piedi. La pazienza, il metodo e l’esperienza investigativa di molti dei veterani del Nucleo Investigativo di Lecce, però alla lunga hanno pagato.
 
La svolta si è avuta domenica sera, quando, finalmente, si è avuta conferma delle autovetture che venivano utilizzate per i vari trasbordi degli addetti alla logistica del latitante. Tra l’altro la zona nella quale si accentravano le attenzioni degli investigatori, quella al confine con la provincia di Brindisi, è da sempre un punto di riferimento costante per i fuggitivi leccesi, spesso protagonisti di traffici e rapporti “a cavallo” delle due province come dimostrato in decenni di vicende processuali.
 
Una volta messi insieme tutti i tasselli si è passati all’azione. Dal primo pomeriggio di oggi, la periferia sud di Cellino San Marco è stata letteralmente presidiata dagli uomini in borghese che in frazione di secondo hanno circondato la villetta in cui si nascondeva il 54enne, che molto probabilmente sapeva di avere il fiato sul collo degli investigatori. Poi l’irruzione, dalla porta principale, quasi abbattuta nella veemenza dell’intervento.
 
Notaro si è reso subito conto della situazione e una volta capito che questa volta non aveva altre vie di fuga, non ha opposto resistenza. Dopo le formalità di rito per il 54enne si sono aperte le porte della casa Circondariale di Borgo San Nicola, dove nei prossimi giorni sarà sottoposto ad interrogatorio di garanzia dal GIP Carlo Cazzella, autore della misura.
 
Ora all’appello mancano i fratelli Antonio e Patrizio Pellegrino, Cyril Savari, e Alessio Fortunato.