Si conclude con due condanne e tre assoluzioni, il processo con rito abbreviato per l’affaire “case popolari”. Il gup Edoardo D’Ambrosio ha inflitto 6 mesi e 600 euro di multa, nei confronti di Stefano Armenta, 58enne leccese (chiesti 3 anni e 4 mesi) e Serena Cervelli, 33 anni leccese (3 anni e 6 mesi), con pena sospesa, per il reato di corruzione elettorale. Per tutti gli altri reati, i due imputati sono stati assolti.
Verdetto di assoluzione per tutti i reati per Sergio Marti, 45 anni di Lecce (chiesti 3 anni). Non solo, anche per Ilaria Decimo, 42enne di Lecce e per Vincenzo Specchia, 65 anni, come già invocato dai pm Roberta Licci e Massimiliano Carducci.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati: Andrea Sambati, Luigi ed Arcangelo Corvaglia, Antonio Savoia e Germana Greco.
Il giudice ha inoltre, rigettato, la richiesta di risarcimento del danno, in favore del Comune di Lecce e di Arca Sud, ex Iacp, parti civili, attraverso l’avvocato Anna Grazia Maraschio.
Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra 90 giorni.
Le accuse
Vincenzo Specchia, segretario generale del Comune di Lecce, era accusato di abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico, in concorso con altri imputati. Avrebbe, nel marzo del 2015, avallato l’assegnazione di un alloggio parcheggio ad un residente del Quartiere Stadio, sottraendolo alla graduatoria ordinaria.
Sergio Marti, invece, rispondeva di abuso di ufficio ed occupazione abusiva di alloggio pubblico. Secondo l’accusa, nel novembre del 2014, avrebbe ottenuto l’illegittima assegnazione un alloggio popolare, in favore di una terza persona, grazie all’aiuto di Luca Pasqualini (all’epoca Addetto all’Ufficio Casa).
Ilaria Decimo, Presidente del Comitato Territoriale di Lecce della Croce Rossa, rispondeva di abuso di ufficio, assieme ad Attilio Monosi, Assessore all’Edilizia Residenziale Pubblica e Pasquale Gorgoni, Funzionario dell’Ufficio Patrimonio. In qualità di Presidente, avrebbe ottenuto (senza alcuna procedura di evidenza pubblica) nel 2014, un immobile di viale Grassi, tra quelli confiscati alla Mafia che dovevano essere utilizzati per far fronte a situazioni di emergenza abitativa.
Stefano Armenta rispondeva, in concorso con Attilio Monosi, di corruzione in atti contrari al dovere d’ufficio. Il 58enne leccese, considerato dagli inquirenti un “collettore di voti”, avrebbe ottenuto per un suo conoscente, l’assegnazione illecita di un alloggio popolare. In cambio, avrebbe promesso il voto per i candidati sostenuti dal Monosi, in occasione delle elezioni europee del 2014.
Serena Cervelli, infine, rispondeva di corruzione per atti contrari al dovere d’ufficio, corruzione elettorale e falso ideologico, in concorso con Monosi, Gorgoni e Paolo Rollo (Dirigente dell’Ufficio Casa). L’imputata, sino al maggio del 2015, avrebbe promesso il voto in cambio dell’assegnazione di un alloggio parcheggio.
Ricordiamo che, intanto, è in corso il processo ordinario a carico di 36 persone, tra cui numerosi personaggi “eccellenti” della vita politica leccese.