Un presunto tentativo di violenza sessuale subìto all’interno del carcere di Lecce ad opera di un agente della polizia penitenziaria in servizio proprio nel penitenziario a nord del capoluogo barocco. A fare l’agghiacciante racconto è Rosa Della Corte, la bella 29enne campana che a Borgo San Nicola stava scontando la condanna per l’omicidio del fidanzato, il militare Salvatore Pollastro, avvenuta nel 2003. Avrebbe chiuso il suo conto con la giustizia nel 2017, eppure nonostante il breve periodo di tempo che la separava dalla libertà (probabilmente, avrebbe potuto beneficiare della detenzione domiciliare), la «Mantide di Casandrino» aveva deciso, forse addirittura pianificato, di scappare approfittando di un permesso premio che le era stato concesso, prima insieme al nuovo compagno salentino conosciuto durante la detenzione Lorenzo Trazza, poi dopo che il 26enne di Muro Leccese si era presentato ai carabinieri, da sola.
Ma fuga è durata “solo” due settimane: la lady di ghiaccio è stata rintracciata in una villetta di Tor San Lorenzo, località turistica di Anzio in provincia di Roma. Si nascondeva in casa di un rumeno che, non riuscendo a resistere al suo fascino, le stava dando ospitalità.
La storia della bella Rosa, conosciuta per il suo carattere ribelle e spregiudicato, sembrava essersi conclusa con il suo arresto, oggi però il presunto tentativo di abuso a sfondo sessuale riaccende i riflettori sulla vicenda gettando nuovi dubbi. L’episodio si sarebbe consumato durante un consulto all’interno del penitenziario leccese, in un momento in cui la compagna di cella che era con lei si era allontanata. Sarebbe stato in quel frangente che l’agente di polizia penitenziaria avrebbe cercato di violentarla. La 29enne sarebbe riuscita a liberarsi dalla morsa dell’uomo in divisa ed allontanarsi.
Il nome dell’agente è stato iscritto nel registro degli indagati dal Pm del tribunale di Lecce, Stefania Mininni, con l’accusa di tentata violenza sessuale aggravata in un fascicolo parallelo a quello giacente per l’evasione della detenuta. È ancora presto per sapere se il racconto della donna sia attendibile o frutto di una ripicca. Saranno ora le indagini a tentare di far luce sulla vicenda.
A non credere ad un’accusa così grave è il sindacato Cosp che ha bollato la notizia come una «fantasia di fine estate». Il motivo, come si legge nella nota, è semplice: i detenuti all’interno degli istituti e servizi penitenziari della Repubblica sono seguiti da agenti di polizia dello stesso “sesso”.
«Sparare sempre e comunque sull’anello più debole della catena – commenta Mimmo Mastrulli, segretario generale Cosp – appare solo una esternazione mediatica. La denuncia presentata dalla signora Della Corte ci sorprende e ci rammarica. Tutti sanno che da regolamento interno i detenuti a secondo del “sesso” vengono vigilati, accompagnati, scortati con agenti di polizia dello stesso sesso. Il carcere di Lecce è uno di quei penitenziari dove correttezza, fermezza, rispetto delle regole e delle Leggi dello Stato sono un esempio nazionale».
“Come Sindacato Cosp – prosegue Mastrulli – si ritiene tale segnalazione una facile personalistica esternazione di fine estate da parte di chi, probabilmente, va alla ricerca di attenzioni mediatiche. Auspichiamo un ripensamento da parte della detenuta, ma auspichiamo anche che la magistratura faccia piena luce sulla vicenda che infanga il buon nome dell’intero corpo della polizia penitenziaria e degli agenti in servizio a Lecce».