‘Simone Renda fu sottoposto a tortura’, ecco la sentenza dei giudici

Le circa 60 pagine di motivazioni della sentenza a firma del relatore Francesca Mariano fanno riferimento all’articolo 1 della Convenzione ONU che, dunque, sarebbe stato violato. Un altro punto fondamentale riguarda la tesi accusatoria di omicidio volontario, accolta dai giudici.

"Che Simone sia stato sottoposto ad un trattamento disumano, degradante, qualificabile in termini di tortura, non vi è alcun dubbio nel giudizio di questa Corte di Assise.I l modo in cui egli fu lasciato deperire in una cella, senza assistenza alcuna, nonostante l'intervento della polizia locale, di un magistrato di turno e di una struttura carceraria sono condotte consistenti in atti di tortura". In un passaggio dellecirca 60 pagine di motivazioni della sentenza a firma del relatore Francesca Mariano fanno riferimento all'articolo 1 della Convenzione ONUche, dunque, sarebbe stato violato.

Il giudice si sofferma anche sulla ricostruzione dei fatti, affermando che Simone Renda "fu arrestato in condizioni dubbie, perché trovandosi in stato confusionale a causa delle sue condizioni di salute compromesse, idonee a creare simili stati fisici, apparve ingiustamente sotto effetto di sostanze stupefacenti, quando, almeno in quel momento tracce di droga nel suo sangue non vi erano".
 
Il relatore continua la sua analisi della vicenda affermando che "un giovane in quelle condizioni psico fisiche, non poteva essere lasciato senza acqua né cibo per un considerevole numero di ore, tanto da decedere. Perché è certo dai contenuti degli esami medici eseguiti dai consulenti italiani che Simone Renda non mori d'infarto".Dunque il ragionamento del giudice si conclude così :"se  fosse stato sottoposto a cure adeguate non sarebbe morto".

Un altro punto fondamentale della sentenza riguarda la tesi accusatoria diomicidio volontario, accolta dai giudici. Secondo la Corte di Assise "sostenere che un soggetto possa lasciare un malato in stato di digiuno da cibi solidi e liquidi  con il "convincimento" che si possa evitare l'evento letale, cosa che ovviamente si rappresenta, è fuori da ogni logica comune. Dunque nessuna una colpa vi fu ma il dolo eventuale, la volontà di accettare il rischio che il giovane lasciato in quello stato potesse morire, rischio accettato".
 
Ricordiamo che il processo sulla morte del bancario leccese Simone Renda avvenutail 3 marzo 2007 in un carcere messicano a Playa del Carmen, si è concluso il 15 dicembre scorso. La Corte di Assise di Lecce ( Presidente Roberto Tanisi, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) ha condannatoi sei imputati a 138 anni di carcere per il reato di omicidio volontario.
 
Inoltre, la Corte ha disposto una provvisionale di 150 mila euro per la madre Cecilia Greco e di 100mila euro in favore dello zio Gaetano Renda. Essi si sono costituti parte civile con gli avvocati Fabio Valenti e Pasquale Corleto ed il risarcimento danni in separata sede.

A tal proposito proposito, il relatore afferma "La privazione subita dalla signora Greco deve ritenersi fonte di un dolore interiore di dimensioni intuibili, ampliato dalle modalità di morte del figlio da innocente, nella cella di uno stato estero che si era totalmente disinteressato di lui".



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