Terremoto in Grecia, trema anche il Tribunale di Lecce. In viale De Pietro torna la preoccupazione

La forte scossa che ha fatto tremare la Grecia è stata avvertita anche in Viale de Pietro. Nessun danno, ma al Tribunale di Lecce torna la preoccupazione per lo stato dell’immobile.

L’orologio segnava le 9.12 quando un sisma di magnitudo 5.2 ha fatto tremare la Grecia. Il terremoto, avvertito chiaramente anche in Salento, ha  “scosso” anche il Tribunale di Lecce che si affaccia su viale De Pietro. L’episodio in sé non ha destato particolari preoccupazioni tra le tante persone presenti, in quel momento, nel Palazzo di Giustizia che ospita anche gli uffici della Procura né ha causato danni, ma è stato un’occasione per riaccendere i riflettori sullo stato dell’immobile – in piedi da 50 anni e costruito utilizzando anche il cemento armaton – che presenta più di qualche pecca a livello strutturale.

Il crollo del Ponte Morandi di Genova non solo ha acceso un faro sulle altre infrastrutture “pericolose”, ma ha ricordato a tutti i limiti di questo materiale, molto in voga soprattutto nel secondo dopoguerra. Quando l’umidità penetra nella struttura, infatti, fa arrugginire il ferro che si gonfia e spacca il calcestruzzo.

Cancellieri, avvocati e tutti gli addetti ai lavori hanno chiesto a gran voce un’ispezione ministeriale per verificare lo stato dei luoghi. La preoccupazione c’è ed è tanta anche perché una zona è stata anche transennata per la presenza di alcuni calcinacci, in altri punti è ben evidente il ferro ormai ossidato. Nel Tribunale leccese lavorano centinaia di persone: impiegati, magistrati e avvocati senza contare le centinaia di persone che ogni giorno lo frequentano per i più disparati motivi.

Ad ogni modo, il presidente della Corte di Appello, Roberto Tanisi e del Tribunale, Francesco Giardino hanno già sollecitato attraverso numerose lettere, un intervento del Ministero competente.

Messo peggio il Palagiustizia di Bari

In via Nazariantz gli uffici sono operativi, nonostante l’edificio sia stato dichiarato inagibile per il rischio concreto di crollo. Fatto che ha scatenato una accesa querelle tra il primo cittadino Antonio Decaro e il ministro  Alfonso Bonafede . Il casus belli è, appunto, lo sgombero. Quando il comune ha concesso una proroga di 120 giorni spostando il termine ultimo per il “tutti fuori” al 30 dicembre il ministero ha preso una posizione chiara definendo il sindaco un «irresponsabile».