Si è svolta in mattinata l’udienza camerale, davanti al gip Marcello Rizzo, in cui si è discussa per circa un’ora, l’opposizione alla nuova richiesta di archiviazione della Procura, sulla scomparsa della 28enne Roberta Martucci.
Hanno preso la parola l’avvocato Fabrizio Ferilli per conto di Lorella (presente in tribunale), una delle sorelle di Roberta. E l’avvocato Francesca Conte, per l’uomo vicino alla famiglia della 28enne che era stato iscritto nel registro degli indagati con le accuse di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Ricordiamo che il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, nei mesi scorsi, ha chiesto l’archiviazione del fascicolo d’indagine in cui compariva il nome del suddetto indagato.
La decisone del gip è attesa nelle prossime ore.
L’opposizione alla richiesta di archiviazione è stata, invece, presentata dall’avvocato Fabrizio Ferilli sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica di parte redatta dalle criminologhe Roberta Bruzzone e Isabel Martina.

Il legale chiede che vengano espletate ulteriori indagini per far luce sulla scomparsa della 28enne nel lontano 20 agosto del 1999. Roberta aveva lasciato la sua abitazione di Torre San Giovanni, nella marina di Ugento, per raggiungere Gallipoli, dove aveva appuntamento con le amiche. Il gip Marcello Rizzo dovrà decidere se ci siano i presupposti per chiedere alla Procura di svolgere ulteriori accertamenti investigativi al fine di ricostruire il giallo che dura ormai da 22 anni.
I tentativi di depistaggio
Nell’esposto presentato nei mesi scorsi in Procura, dall’avvocato della famiglia e dalle due criminologhe per conto di Lorella Martucci, sorella di Roberta, viene sottolineato il ruolo di un uomo vicino alla loro famiglia che avrebbe ucciso Roberta, nascondendo il suo corpo per sempre. Una persona che conosceva molto bene la ragazza e che avrebbe molestato la sorella Sabrina che, ai microfoni della trasmissione televisiva «Chi l’ha visto?», aveva raccontato quelle attenzioni “particolari”.
E vengono evidenziati anche i tentativi di depistare le indagini che l’uomo (successivamente iscritto nel registro degli indagati) avrebbe architettato “per paura di essere scoperto”. C’è il mistero dell’auto, la Fiat Uno, ritrovata, qualche giorno dopo la scomparsa di Roberta, in una piazzetta di Gallipoli. Senza chiavi e senza libretto e, nonostante ciò, demolita regolarmente dopo il dissequestro. C’è poi il «giallo» del prelievo di 500mila lire con il Bancomat di Roberta dieci giorni dopo la sua scomparsa. E del fax inviato per far sapere alla Procura che la 28enne era morta e che bisognava indagare sulle due amiche con le quale si sarebbe dovuta incontrare quella sera di fine estate.
