Puglia, calano i prezzi al consumo: giù gli apparecchi telefonici, crescono gli articoli tessili per la casa

Secondo l’analisi del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia, nell’ultimo mese la deflazione ha caratterizzato la nostra regione. ‘Così però meno guadagni e liquidità per le imprese’.

Le statistiche parlano chiaro: calano ancora i prezzi al consumo in Puglia. In termini economici, la deflazione si è abbattuta sull’economia regionale. Nella nostra regione infatti si sono registrati valori negativi negli ultimi tre mesi di fila di quest’anno. Questo è quanto emerso  da un’elaborazione del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Istat. Partiamo dal mese di settembre; l’indice dei prezzi si è attestato al valore di 108. In numeri, è sceso dello 0,4% rispetto al mese precedente (era 108,4 ad agosto) e dello 0,7% su base annua (era 108,7 a settembre dell’anno scorso).

 “I dati elaborati dal nostro Centro Studi – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – confermano che anche l’economia pugliese, esattamente come quella nazionale, è in piena deflazione. Sebbene si tratti di numeri da interpretare con assoluta attenzione, non è incauto affermare che siamo di fronte ad una modificazione delle abitudini dei consumatori in reazione ad un quadro economico di profonda incertezza”.

Quest’ultima variazione negativa è dovuta, principalmente alla flessione dei prezzi degli apparecchi telefonici (-12,3%); di quelli dei  servizi di alloggio (-8,3%); dei servizi di telefonia (-5,8%) e, più in generale delle comunicazioni (-6%), nonché dei beni energetici, come luce e gas (-5,6%). E poi ancora: gli apparecchi audiovisivi, fotografici ed informatici (-2,6%), l’abbigliamento e le calzature (-2,4%), le abitazioni (-2,1%), i medicinali e i prodotti farmaceutici (-1,4%). Reggono, invece, i prodotti alimentari e le bevande analcoliche. A sorpresa, crescono gli articoli tessili per la casa e l’istruzione secondaria (entrambi +4,3%), i mezzi di trasporto e l’assistenza sociale (entrambi +3,3%), i pacchetti-vacanze (+2,7%) e i servizi finanziari (1,9%).

Da quest’anno il paniere utilizzato per il calcolo degli indici dei prezzi al consumo si compone di 1.447 prodotti (1.429 nel 2013), aggregati in 614 posizioni rappresentative (603 nel 2013). Nel caso dell’indice (Nic), al lordo dei tabacchi, le divisioni di spesa con il peso relativo maggiore sono i «prodotti alimentari e bevande analcoliche» (16,4%), i «trasporti» (14,2%), i «servizi ricettivi e di ristorazione» (11,4%) e il macro-settore «abitazione, acqua, elettricità e combustibili» (10,9%).

Ad esempio, “nel comparto abbigliamento e calzature prosegue Sgherza la flessione dei prezzi sta interessando i tessuti, gli indumenti, gli accessori e le calzature mentre aumentano in modo fisiologico i costi dei servizi di lavanderia, riparazione e noleggio abiti. Ciò potrebbe essere sintomatico di una maggiore attenzione per i servizi di riparazione dei beni a scapito dell’acquisto di prodotti nuovi”.
Il rischio di una spirale deflattivaosserva il presidenterisiede nel fatto che un continuo calo dei prezzi significa meno guadagni e meno liquidità per le imprese, con un effetto domino sulla produzione e, di conseguenza, sul mercato del lavoro difficile da arrestare. L’abbassamento del costo del denaro, recentemente deliberato dalla Banca centrale europea, non sembra produrre gli effetti sperati”.

Solo se la crescita  diventerà la parola d’ordine delle politiche europee e nazionaliconclude Sgherzapotremo innescare un processo di ripresa abbastanza solido da ingenerare nuova fiducia nei consumatori”.



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