Sdegno unanime per la morte del clochard, ma la ‘Masseria Ghermi’ diventa il terreno del fuoco incrociato

‘Che fine ha fatto il centro di prima accoglienza per i senzatetto di Masseria Ghermi?’ A chiederselo sono Adriana Poli Bortone e Antonio Rotundo, ma l’assessore Nunzia Brandi aveva già chiarito: ‘entro la fine di questo mese verrà aperta’.

La morte di Dino, il clochard che aveva fatto della stazione di Lecce la sua casa, si aggiunge a quella di Veronica Piggini e Riccardo Martina, trovati senza vita in una vecchia abitazione inagibile di via Taranto in cui si erano, da tempo, rifiutati. I due coniugi, sprofondarono in una cisterna forse dopo che il solaio aveva ceduto. La stessa sorte toccò a Sergio De Vergori, un 64enne senza fissa dimora, trovato da alcuni passanti, a pochi passi da piazza Mazzini, con gli indumenti sporchi di sangue e un vistoso taglio al sopracciglio.
 
Non sarebbe dovuto più succedere ed invece è accaduto di nuovo in un ventoso giovedì di febbraio. Teodoro, questo il vero nome dell’uomo, aveva 49anni e dal Belgio si era trasferito nel capoluogo salentino. La strada era diventata la sua dimora da quando, dopo la morte della compagna, non riusciva più ad assicurarsi un tetto sopra la testa. Per un po’ il vagone abbandonato accanto ai binari lo aveva “protetto” dal freddo, fino a ieri quando è stato scoperto il suo corpo senza vita. Ci penserà l’autopsia, prevista nei prossimi giorni, a chiarire quali siano state le cause del decesso.
 
La tragedia, l’ennesima a distanza di pochi anni, come si legge in una nota a firma dell'assessore del Comune di Lecce ai Servizi sociali, Nunzia Brandi, «rappresenta una sconfitta per tutti».  
 
«Dino  – chiarisce l’assessore – non è mai stato in carico ai Servizi Sociali che come è noto monitorano ogni giorno decine e decine di persone senzatetto e senza fissa dimora. Né ha mai richiesto un alloggio popolare per trovare una confortevole dimora e il suo nome non faceva parte nemmeno dell'elenco, fornitoci dalla Polizia Ferroviaria, di uomini e donne che abitualmente dormono all'interno della stazione. Ma non solo perché il 49enne ha sempre rifiutato l'accoglienza notturna offertagli dalla Caritas diocesana, così come ci ha riferito il direttore della struttura. Siamo sempre pronti ad accogliere e a dare un aiuto alle persone che si trovano in difficoltà che vivono nella nostra città ma in questo caso non avremmo potuto far nulla per una libera scelta di Dino».
 
Ciò non toglie che non ci si possa impegnare per evitare che queste vicende si ripetano ancora. Un impegno che l’assessore Brandi si è assunta personalmente promettendo che «entro la fine di questo mese verrà aperta la Masseria Ghermi, il `Centro di accoglienza per persone senza fissa dimora: progetto Koine´ ubicato in via Adriatica e destinato ad accogliere persone senza dimora ed ex-detenuti avviati ad un percorso di inserimento sociale».
 
«Grazie a questa struttura – conclude – potremo dare risposte concrete ad alcune persone che vivono quotidianamente situazioni di disagio».
 
Ed è proprio l’immobile che fa parte dei beni confiscati alla mafia trasferiti dall'Agenzia del Demanio al patrimonio indisponibile del Comune di Lecce a finire al centro dei riflettori. «La masseria Ghermi, che tanto l’amministrazione aveva propagandato ed enfatizzato sulla stampa come luogo dove collocare i senzatetto che fine ha fatto?» si domanda l’ex sindaco di Lecce, Adriana Poli Bortone che rispolvera anche l’idea di recuperare l’ex Galateo, monumento all’abbandono della nostra regione e della Asl per offrire un tetto a questa povera gente. «Nonostante una mozione presentata dal consigliere Scorrano ed approvata all’unanimità dal consiglio comunale, nulla più si è saputo. Tutto tace. Non si sa a che punto sia, se sono stati trovati ostacoli per la realizzazione ed eventualmente cosa si è fatto per rimuovere gli stessi» conclude l’ex senatrice.
 
A porre lo stesso quesito è il consigliere del Pd, Antonio Rotundo: «Che fine ha fatto il centro  di prima accoglienza per i senza fissa  dimora di Masseria Ghermi che garantirebbe circa 60 posti letto? ». «Quel che appare sempre più intollerabile  – si legge nel comunicato è  la distanza tra gli annunci ed i bisogni effettivi delle persone. È di settembre la conferenza stampa in pompa magna per l'apertura del centro, ma dopo cinque mesi non è ancora attivo e funzionante. C'è, come si vede, uno scarto drammatico  tra una emergenza abitativa che è  una vera e propria bomba ad orologeria e la possibile soluzione che anche quando come in questo caso è stata individuata deve fare i conti con i tempi davvero insopportabili della burocrazia». 

Anche Paolo Foresio, capogruppo Pd cittadino a Palazzo Carafa, oltre a sottolineare il ritardo nell’apertura della Masseria Ghermi, punta il dito contro l’amministrazione Comunale che non può – a suo dire – «uscirsene con un laconico "non potevamo farci niente, non ci ha chiesto aiuto"».
 
«L'aiuto ai cosiddetti "ultimi", a chi, per varie circostanze della vita, si trova a vivere di stenti, a rimanere indietro e a non avere un tetto sopra la testa – puntualizza Foresio –  è un diritto sancito dalla Costituzione. Ma a Lecce, su questo tema, si predica bene e si agisce poi malissimo purtroppo».  
 
«Il 9 febbraio del 2015 – ricorda il consigliere comunale –  l’assessore al Patrimonio Attilio Monosi annunciava in pompa magna in conferenza stampa il progetto di una casa di prima accoglienza per i senzatetto in un locale del Principe Umberto, ancora di proprietà del Comune: dieci stanze, 35 posti letto e una sala pasti. In quell’occasione, si disse che sarebbe stato fatto un bando d’appalto per cantierizzare i lavori di ristrutturazione, si disse anche che la struttura sarebbe stata pronta entro l’estate. Il tutto al costo di 500mila euro, finanziati con risorse del Piano Sociale di Zona».
 
Dodici mesi dopo, si domanda Foresio a che punto è il progetto? Perché non se n’è più saputo nulla? I lavori sono mai stati cantierizzati? Perché la casa-rifugio non è ancora pronta ed è passato invano un altro inverno?

Insomma, secondo il capogruppo Pd cittadino a Palazzo Carafa «Ad amministrare facendo annunci spot saremmo bravi tutti. A far seguire alle parole i fatti, evidentemente, sono bravi in pochi e non è il caso, a mio parere, di questa amministrazione»
 



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