Dopo Mont Saint Michel si arriva in Belgio dunque, nella capitale del Belgio e dell'Europa. Bruxelles ha veramente tanto da offrire, artisticamente e gastronomicamente. Ammirare il “Manneken pis”, il bambinello dalle mille leggende che fa la pipì sorridendo, mentre si assaggia un waffle (incredibilmente a solo 1 €) è una di quelle esperienze che ti rimangono impresse. Anche degustare le patatine fritte più buone al mondo non si dimentica facilmente. Sbagliano gli americani a chiamarle “french fries”, perché dovrebbero chiamarsi “belgian fries” essendo nate qui. Vengono fritte due volte, la prima a bassa temperatura e la seconda a 200° in grasso animale anziché in olio, e il sapore finale è unico, praticamente le nostre patatine non c'entrano nulla!
Si può visitare una città da solo, e si ottiene un certo risultato, oppure ci si può affidare a delle guide, per esempio partecipando a un “Free walking tour”, una passeggiata organizzata da un volontario che racconta con uno stile leggero le storie salienti relative ai principali monumenti; apprendi che nella piazza più barocca del mondo, unica e capace di commuoverti per tanta bellezza, tra una chiesa asimmetrica e un palazzo che era la borsa del pane, in un altro tagliavano le teste a chi protestava, in un altro Victor Hugo scrisse “I miserabili” e pochi anni dopo in quello di fronte Carl Marx e Friedrich Engels scrissero “Il manifesto del partito comunista”. Quella piazza era viva.
Non so se sia il caso di specificarlo, magari si era già capito, ma lo sottolineo ugualmente: il mio non è un viaggio di comodità, ma di improvvisazione e di adattamento. Ogni tanto devo andare in un bar, sebbene non ne abbia voglia, solo per caricare il cellulare e sfruttare il WiFi, altre volte devo sbrigarmi e cercare di un posto in cui fare colazione per utilizzare fare la prima pipì, e, lavandino permettendo, lavarmi i capelli, le ascelle e i denti, per poi ripartire sperando in qualche doccia di fortuna.
Devo alternare la carica del telefono, della batteria portatile e dell'orologio con l'accendisigari della mia auto, la mia Africa, fino al punto in cui una mattina cerco di metterla in moto ma lei si rifiuta, e sembra dirmi “ti è piaciuto scaricarmi la batteria? Mo' vai a cercare qualcuno che ti aiuti con i cavi” (perché, da stupido, non li ho comprati). Fu così che a Bruxelles mi sono dovuto impegnare a cercare un'anima pia che avvicinasse la sua auto alla mia, bloccando la strada, a senso unico, per avvicinare il muso della sua a quello della mia. Dopo aver chiesto inutilmente a venti persone e tre negozi, un italiano, un salentino, un brindisino mi ha aiutato. Viveva lì da quattro anni, mi raccontava, e sembrava felice non smetterò mai di essergli virtualmente grato. Senza il suo aiuto quel giorno non avrei potuto visitare due città.