C’è vita sulla collina, un giorno a scuola tra silenzio e rumore. School River #8

Nell’ottava puntata di School River, il viaggio di Alessandro Macchia tra i vizi e le virtù della scuola pubblica italiana, si fa sosta in classe tra cattedra e sedie, tra silenzio e rumore. Basta cambiare punto di vista, basta cambiare prospettiva…e la magia si accende.

aula-scolastica

La vita in fondo è questione di prospettiva. Tutto dipende da dove ci si mette ad osservare il mondo. Per un professore la scena si modifica a seconda che si guardi l’aula dalla parte della cattedra e magari lo si faccia nel silenzio dei minuti che precedono il fragoroso arrivo degli studenti in classe. Oppure che ci si sposti e ci si metta dalla parte di quelle sedie ancora vuote, inoccupate e per questo ordinate. Sembra tutta quiete ma così non è. Dietro quella disposizione c’è una geografia umana con la sua legenda scritta con il pennarello dietro gli schienali. Una legenda fatta di poesia e scurrilità, amore e odio, paura e sfrontatezza. Ma chi si salva dagli ossimori della vita? Così, di colpo, quel silenzio diventa il frastuono degli anni precedenti. Quelle sedie le sedute degli allievi che si sono persi nel tempo. Quei banchi la tavoletta d’argilla su cui scrivere segni grafici incomprensibili destinati a futuri decriptatori.

Nel primo giorno di scuola della stagione, ci fa piacere condividere con voi l’ottava puntata di School River, il viaggio del prof. Alessandro Macchia* nella scuola pubblica, un viaggio che scorre tra corpi e anime, eccellenze e inefficenze, virtù e vizi del sistema. Il racconto di oggi è un affresco sulla classe, quel luogo magico in cui i nostri figli passano le ore più belle e più difficili della loro giovane vita, in cerca di qualcosa che dia luce a ciò che hanno dentro.

…Alle otto del mattino banchi e sedie sono in fila ordinatissima. Le sedie sono vuote, ma soltanto a guardarle dalla postazione della cattedra. Tutto è immerso nel silenzio. Ma basta spostarsi un pochino, collocarsi alle spalle di quelle stesse sedie, anche solo allo scopo di provare a osservare le cose dall’altra prospettiva, per sentire le voci di tutti coloro che hanno abitato quell’aula nel corso degli anni…

Buona lettura!

Presenze

Non ho mai amato tergiversare in aula docenti. Dove è regola non attardarsi nel chiacchiericcio antimeridiano ma dirigersi subito in aula, è regola ben messa. Al di là dell’opportunità di non lasciare che all’ingresso in aula gli alunni si trovino soli e senza la sorveglianza di un adulto, la presenza d’anticipo del docente è un delicato gesto di accoglienza quotidiana.

È il ribaltamento di una tradizione che voleva tutti gli alunni compostamente seduti e pronti ad alzarsi in piedi per salutare con educazione l’insegnante. A ben sentire, quei quattro o cinque minuti di attesa degli scolari prima dell’ingresso alla spicciolata, possono altresì rivelarsi momenti di insolite emozioni. Diciamo così perché nella scuola esiste una poesia nascosta.

Alle otto del mattino banchi e sedie sono in fila ordinatissima. Le sedie sono vuote, ma soltanto a guardarle dalla postazione della cattedra. Tutto è immerso nel silenzio. Ma basta spostarsi un pochino, collocarsi alle spalle di quelle stesse sedie, anche solo allo scopo di provare a osservare le cose dall’altra prospettiva, per sentire le voci di tutti coloro che hanno abitato quell’aula nel corso degli anni. Non è bello e non è giusto sporcare le suppellettili scolastiche (altro non raccomandiamo ai nostri alunni), ma dietro quegli schienali è nostro malgrado incisa tanta poesia, se per poesia intendiamo pure il solo lieve baluginare di una giovane presenza: il sentimento di dirsi vivi e presenti anche attraverso un elementare tratto di pennarello nero.

Dietro quelle sedioline talvolta si leggono le consuete volgarità (parolacce, imprecazioni, disegni sconvenienti), ma v’è pure registrato infine lo spuntare dei primi amori o la promessa di un’amicizia duratura. Si affacciano cuoricini con tenere iniziali: le lettere dell’alfabeto alfine sfuggono alle pagine del libro di grammatica e si fanno miracolosamente iniziazione ai misteri del cuore. Le dichiarazioni d’amore fioccano come semplici quanto lapidari “Ti amo”.

A volte affiorano spunti di originalità: “Piaci anche al mio gatto”. Altre volte le stesse espressioni tese alla presa in giro destano un sorriso. Su una sedia è scritto: “Scemo chi sta dietro”. Ma quanti scemi nel frattempo si saranno seduti alle spalle di quella sediolina dopo la vittima prescelta? L’ultima volta è capitato proprio a me nel corso di un collegio dei docenti. Non ha potuto che strapparmi un sorriso. Poi ci sono le rivendicazioni calcistiche: “Ultrà Lecce” e “Juve ladrona”.

Qualcuno fa della propria inoperosità virtù, parafrasando forse un noto proverbio: “Dietro il banco / impreparato campo”. Oppure sono frasi lette chissà dove: “Karma è l’unica ragazza che torna sempre indietro.” Ma infine mi è capitato di leggere una frase che riassume tutta una letteratura d’amore: “Non leggo il tuo cuore ma i tuoi biondi quaderni.” Non si sa chi abbia scritto questo frammento di immensa poesia. Il suo fantasma in ogni caso sembra svanire non appena il primo buongiorno mette piede in aula. Nonostante l’improvviso rompersi di questa condizione sospesa, sentiamo necessario rovesciare il celebre incipit della Spoon River di Edgar Lee Masters perché davvero tutti, tutti sono ancora desti sulla collina.

Le puntate precedenti

Dopo aver messo al centro della sua particolare lente di ingrandimento nella prima puntata la figura del dirigente scolastico,  Alessandro Macchia si è soffermato per 4 puntate su quella del docente ‘inquadrato’ sia dal punto di vista delle relazioni con i colleghi che nei rapporti con gli alunni e successivamente anche nell’esercizio della nobile arte della correzione  prima e della valutazione poi. Nel sesto appuntamento con i lettori ecco la volta del doposcuolista, ‘l’uomo o la donna delle ripetizioni’, la materializzazione plastica della sconfitta della scuola pubblica italiana visto che le lacune andrebbero colmate a scuola. La settima puntata è tutta una ricerca, la ricerca dell’entusiasmo perduto. Dell’entusiasmo dei docenti ad insegnare, dell’entusiasmo degli alunni ad imparare. Dov’è finita quella energia che anima uno scambio vitale che è alla base del futuro?

*Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.



In questo articolo: