​Operazione Twilight: i principali indagati fanno scena muta davanti al giudice

Si sono tenuti, nel carcere di Borgo San Nicola, gli interrogatori di garanzia di dieci persone arrestate nell’operazione denominata Twilight. Molti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, altri hanno risposto alle domande del giudice respingendo ogni accusa.

Fanno scena muta i principali indagati dell'Operazione «Twilight». Si sono tenuti in mattinata, nel carcere di Borgo San Nicola, gli interrogatori di garanzia di 10 persone arrestate martedì mattina. Innanzi al gip Cinzia Vergine si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Stefano Persano e Fabio Persano difesi dagli avvocati Francesco Spagnolo e Luigi Corvaglia, Giuliano Persano assistito da Benedetto Scippa e Maria Cristina Caracciolo, Luigi Sparapane difeso da Antonio Savoia.
  
Ha risposto, invece, alle domande del giudice Giacomo Mario Profilo. Il 67enne, assistito da Antonio Savoia e Giuseppe Corleto  ha chiarito ogni circostanza e respinto le accuse. Così come Gianfranco Pati, assistito dall'avvocato Pantaleo Cannoletta. L'indagato ha detto di non aver mai esercitato l'usura nei confronti della presunta vittima, ma di essere invece stato lui ad avergli chiesto in prestito del denaro.
  
Si è difeso da ogni accusa anche Mario Lagonigro difeso da Federica Conte e Giorgio Giannaccari, che ha respinto le accuse di associazione mafiosa e usura. Lui era il carrozziere dei Persano, ma  non era consapevole dei loro affari illeciti. L'altro indagato arrestato, l'imprenditore Giuseppe Bolognese, difeso dall'avvocato Paolo Pepe, ha affermato di essere estraneo ai fatti contestatigli e di conoscere i fratelli Caroppo e gli altri presunti sodali, solo per questioni di lavoro.    
  
Ascoltato anche Livio Biagio Carafa, difeso dagli avvocati Giuseppe Bonsegna e Massimo Muci. Il 53enne di Nardò, dedito al commercio di veicoli, ha smentito il ruolo di intermediario negli episodi di usura contestatigli, pur affermando di aver avuto rapporto finanziari con uno dei fratelli Caroppo.Ha risposto alle domande del giudice, smentendo qualunque tipo di coinvolgimento nella vicenda anche Massimo Paladini, 54 anni di Lecce.
  
Le altre persone arrestate verrano interrogate nella giornata di domani.
  
Gli indagati (complessivamente 82 persone) rispondono a vario titolo ed in diversa misura dei reati di: associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa finalizzata a truffe e riciclaggio, usura aggravata, sfruttamento della prostituzione, sostituzione di persona, detenzione e spaccio, ricettazione, falso materiale.
  
Sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati: Luigi e Roberto Rella, Gabriele e Giovanni Valentini, Giuseppe De Luca, Marco Pezzuto, Alberto Russi.  
    
I provvedimenti cautelari eseguiti dai Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce traggono origine da un’altra importante e analoga attività d’indagine, denominata Shylock, che ha accertato l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso, operante nella provincia di Lecce, dedita all’usura, alle estorsioni e al riciclaggio. È proprio dalle denunce presentate da un imprenditore vittima di usura e dalle dichiarazioni rese da Alfredo Scardicchio, indagato che decise di collaborare dopo il suo arresto, che nel 2011 prende corpo un altro filone d’indagine. In particolare, le sue dichiarazioni hanno disvelato le prime prove dell’esistenza di un gruppo mafioso, ricollegabile ai fratelli Persano e a loro cugino Oronzo Persano (già condannato per 416 bis), attivo, tra l’altro, in materia di usura ed abusivo esercizio di attività finanziaria.
 
Con le prime dichiarazioni di Scardicchio, si sono accertate le identità delle vittime dell’usura che, con le loro dichiarazioni (20 denuncianti hanno contribuito a  scoprire il panorama criminoso e le connivenze anche di 6 funzionari di banca), hanno contribuito a individuare un’analoga corporazione mafiosa facente capo alla famiglia Caroppo, nome storico legato alla SCU e al clan denominato “Nisi – Caroppo”. A tali dichiarazioni hanno fatto da riscontro attività tecniche e accertamenti patrimoniali presso le banche dati e gli istituti di credito, nonché innumerevoli servizi di osservazione e pedinamento. Nel corso dell’indagine è emersa, inoltre, una frangia di tutto rilievo nel panorama leccese della SCU e cioè quella legata a Pasquale Briganti detto Maurizio (già condannato per 416 bis) e Luigi Sparapane (operante su Galatina), entrambi storici esponenti della criminalità organizzata.



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