Bancarotta di un’azienda di abbigliamento, tre galatonesi condannati complessivamente a 8 anni

Le indagini presero avvio, dopo la denuncia del curatore fallimentare della So.me.a, un’azienda che si occupava della vendita di capi d’abbigliamento. Il professionista riscontrò una serie di irregolarità ‘in odor’ di bancarotta.

Sottrazione delle scritture contabili e occultamento delle rimanenze di magazzino per nascondere la reale situazione dell'azienda al curatore fallimentare.
 
Il collegio della seconda sezione penale (Presidente Roberto Tanisi) ha condannato due fratelli di Galatone ed un'altra imputata, loro concittadina, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale. I giudici hanno inflitto: 3 anni a Elio Colazzo, 62 anni, amministratore di fatto della So.me.a. srl (dichiarata fallita dal Tribunale, il 17 marzo del 2008) e la stessa pena per Salvatore Colazzo, 58enne, amministratore anche di fatto e legale rappresentante della azienda; 2 anni per Stefania Misciali 36 anni, quale amministratore e legale rappresentante della ditta fallita. I tre imputati sono assistiti dagli avvocati Francesco Galluccio Mezio, Luigi Corvaglia, Donato Mellone ed Ettore Santo.
 
In precedenza, nel corso della discussione in aula, il pubblico ministero Francesca Miglietta ha invocato una condanna a 3 anni ciascuno.
 
Le indagini presero avvio, dopo la denuncia del curatore fallimentare della So.me.a, un'azienda che si occupava della vendita di capi d'abbigliamento. Il professionista riscontrò una serie di irregolarità "in odor" di bancarotta. I successivi accertamenti degli uomini della Gdf rivelarono, anzitutto, la sottrazione delle scritture contabili e della corrispondenza relativa a ciascun affare: gli originali dei documenti ricevuti (fax, telegrammi ecc.) e le copie di quelli spedite. Non solo anche la mancanza dei cosiddetti documenti di "prima nota", quella documentazione che giustifica le annotazioni nel libro giornale. Infine, sarebbe risultato carente, l'elenco delle attività della società e dei creditori.
 
Inoltre, gli investigatori, avrebbero accertato la "sparizione" delle rimanenze di magazzino per un valore di oltre 170 mila euro; la somma di circa 306 mila euro, quale provento della vendita all'ingrosso, relativo al 2007, le giacenze di magazzino per un importo di circa 674 mila euro (esposte nel bilancio del 31 dicembre 2006).
 
Mancherebbero altresì alcune somme, quale corrispettivo della vendita di macchine: 8.400 euro per una Citroen C 3; 7.200 euro per un autocarro Fiat e 3.600 euro per la vendita di un'altra auto.
 
Infine, vengono  contestate agli imputati, alcune irregolarità nella compilazione delle scritture contabili nei tre anni precedenti al fallimento dell'azienda; tra il 2003 ed il 2007 non è stata assolta l'imposta di bolla e nel libro degli inventari non è riportato il bilancio d'esercizio e manca la sottoscrizione dell'organo amministrativo.



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