La Procura della Repubblica di Lecce ha fatto chiarezza gettando acqua sul fuoco scoppiato nei giorni scorsi riguardo ai ‘veleni tombati’ per decenni nella discarica di Burgesi, l’impianto dismesso nel 2009 che per 18 anni ha accolto i rifiuti del basso Salento e in altri siti limitrofi ai comuni di Acquarica del Capo, Ugento e Presicce. Con una nota a firma del Procuratore della Repubblica, pro tempore, Antonio De Donno e dell’aggiunto, Elsa Valeria Mignone si restituisce tranquillità alla comunità salentina, poiché i magistrati smentiscono categoricamente l’ipotesi che la falda acquifera possa essere stata contaminata.
“Questi siti, compreso quello interessato dalla presenza di una enorme discarica abbandonata in località Burgesi – si legge nel comunicato stampa – sono stati, dal 2001 al 2004, dapprima "messi in sicurezza" e, successivamente, oggetto di vera e propria bonifica disposta dagli stessi Comuni interessati, i cui lavori sono stati finanziati dalla Regione Puglia con fondi comunitari. Gli stessi lavori di bonifica sono stati poi oggetto di ulteriori controlli da parte dei magistrati della Procura della Repubblica di Lecce, che hanno cosi potuto riscontrare la correttezza delle procedure applicate e l'infondatezza delle denunce che segnalavano la cattiva esecuzione delle stesse escludendo con ciò ogni ipotizzato collegamento con l'omicidio dell'esponente del partito IDV Giuseppe Basile”.
Insomma, le notizie che si sono susseguite in questi giorni ed alimentate dal circolo massmediatico, sul quale ha soffiato il vento della politica, per la Procura non sono nulla di nuovo in quanto già i responsabili di pericolose azioni di inquinamento del terreno sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, il 30 maggio del 2014: “le attività criminose sono state già tutte oggetto di complesse indagini, conclusesi con sentenza di affermazione di responsabilità nei confronti di imprenditori e produttori di rifiuti nonché di titolari di ditte di trasporto di rifiuti per il reato, tra l'altro, di danneggiamento aggravato proprio di quei terreni su cui erano stati sversati rifiuti pericolosi, caratterizzati dalla presenza di PCB (Policlorobifenile) e, pertanto, sottoposti a sequestro già nell'anno 2000”.
L’ultima precisazione riguarda proprio la presenza di PCB nella discarica di Ugento in fase di post-gestione, segnalata dalle analisi del Consiglio Nazionale delle Ricerche: “la sostanza è stata individuata soltanto nel percolato, mentre le analisi non hanno individuato alcuna contaminazione da PCB nell'acqua di falda prelevata dai pozzi limitrofi alla suddetta discarica. Peraltro le quantità di PCB di certo non rilevantissime, presenti nel percolato comunque destinato ad un particolare smaltimento in sicurezza sono agevolmente ricollegabili a quanto già accertato”.
