Sottraggono una persona in cura dal reparto di psichiatria e la tengono segregata per ottenere la pensione. Arrestati un’avvocatessa e il suo compagno

Pesanti sono le accuse in carico ai due indagati: si tratta di circonvenzione di incapace e sequestro di persona. Ma i risvolti emersi dalle indagini sono vari.

Prima la denuncia, poi le indagini. A finire nei guai è un’ avvocatessa, col suo compagno. Gli Agenti della Squadra Mobile hanno dato esecuzione ad una ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal G.I.P. Alcide Maritati nei confronti di un’ avvocatessa, C.G. di 47 anni e del suo compagno D.A.F. di 48 anni.

I due sono considerati responsabili a vario titolo di sottrazione, abbandono e circonvenzione di persona incapace, sequestro di persona, estorsione e altro, tutto nei confronti di persona affetta da deficit cognitivo e altri disturbi psichiatrici e del padre di quest’ultima.

Con lo stesso provvedimento, i due sono stati sottoposti alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa con prescrizioni del divieto di comunicare con quest’ultima e con i congiunti.

I fatti dai dettagli raccapriccianti

La prima denuncia è stata presentata ai poliziotti della Squadra Mobile dall’avvocatessa ed amministratrice di sostegno della persona offesa, agli inizi del mese di gennaio 2018, quando la stessa era scomparsa dal Reparto di Psichiatria dell’ospedale Vito Fazzi dove era ricoverata.

Le indagini partirono subito, coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Maria Rosaria Micucci ed hanno consentito di costruire un quadro probatorio solido che ha permesso al Giudice competente di emettere le misure cautelari.

In base a quanto emerso dalle attività investigative, la vittima, dopo essere stata sottratta dalla cura e vigilanza del reparto di psichiatria, è stata condotta in diverse abitazioni di proprietà degli indagati, abbandonata al freddo, privata della terapia farmacologica ed in pessime condizioni igieniche, subendo notevoli limitazioni alla libertà di movimento. Le veniva consentito di uscire soltanto se accompagnata da uno degli indagati.

Alla vittima veniva persino somministrato cibo in condizioni di tale precarietà igienica da indurle più volte conati di vomito.

Il tutto, secondo l’accusa, al solo scopo di procurare un ingiusto profitto economico, consistente nell’ottenere la revoca dell’Amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, affinchè venisse conferita la medesima carica ad uno degli indagati, esercente la professione di avvocato. Il tutto al fine di acquisire la gestione della pensione di invalidità ed indennità di accompagnamento.

Non soddisfatti, al fine di sviare l’attività di indagine, i due avrebbero indottrinato la loro vittima perchè fornisse agli organi inquirenti una versione dei fatti totalmente difformi rispetto alla realtà.

Infine, l’avvocato con minaccia, avrebbe perfino richiesto al padre della persona affetta da deficit una ingente somma di denaro a titolo di pagamento della parcella per i servizi legali resi, prospettandogli di “pignorargli la casa” e di farlo “finire in prigione per cinque anni”.



In questo articolo: