Deve assistere il nonno disabile e chiede il trasferimento, il Tar gli dà ragione

Dopo piè¹ di due anni il Tribunale amministrativo de L’Aquila ha dato ragione ad un agente della polizia penitenziaria salentino che si era visto, in un primo tempo, negare il trasferimento.

Un vero e proprio calvario giudiziario che ha visto protagonista un agente di polizia penitenziaria salentino, a cui era stata respinta la domanda di trasferimento in una delle case circondariali di Lecce, Brindisi o Taranto.

L’istanza di trasferimento dell’agente era stata presentata nel settembre del 2011, al fine di godere di quanto disposto dalla legge n. 104/90, e andare a lavorare nella sede più vicina alla residenza del nonno affetto da grave disabilità, le cui condizioni andavano oltretutto peggiorando.
L’agente, in un primo momento, aveva proposto ricorso, per il tramite dell’Avv. Alfredo Matranga, innanzi al Tar Lecce che, però, lo aveva trasmesso al Tar de L’Aquila per competenza, poiché all’epoca il ricorrente svolgeva il corso a Sulmona.
Il direttore della Direzione generale del personale e della formazione – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria –  con provvedimento ha rigettato l'istanza avanzata e da qui il ricorso alla Giustizia amministrativa.

Dopo oltre due anni arriva la risposta dei Giudici: con sentenza pubblicata il 30 novembre, il TAR L’Aquila ha accolto il ricorso ritenendo illegittimo il diniego di trasferimento ex L. 104/92, considerato che l’Amministrazione non ha motivato adeguatamente in ordine alla ritenuta insufficienza della documentazione allegata dal ricorrente, a dimostrazione della sussistenza del richiesto requisito della indisponibilità all’assistenza del disabile da parte di altri familiari.

Per il TAR abruzzese, infatti, l’Amministrazione non ha chiarito chi, degli altri familiari coinvolti, potesse essere “disponibile”, al posto del ricorrente, per prestare l’ assistenza necessaria e non ha spiegato perché le condizioni denunciate, oggettivamente comprovanti una situazione complessa, caratterizzata da familiari non completamente autonomi e non in grado di prestare, singolarmente, assistenza, non fossero, al contrario, rappresentative della dedotta “indisponibilità”.

Come si legge nelle motivazioni, l’Amministrazione Penitenziaria, per di più, è sembrata del tutto ignara della documentazione allegata, limitandosi a fornire una motivazione del tutto generica e non tarata sulla concreta situazione rappresentata.
Pertanto, il Giudice Amministrativo ha infine ordinato di provvedere sull’istanza, esaminando la documentazione prodotta agli atti e concretamente valutando, sulla base delle condizioni, il requisito dell’indisponibilità come definito nella motivazione della sentenza.
L’Amministrazione è stata condannata, anche al pagamento delle spese processuali liquidate in 2mila oltre accessori.



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