“Se non ti fai picchiare, ti ammazziamo”, fermati gli aggressori del 33enne di Porto Cesareo. Tra le accuse la tortura

A causa del pestaggio l’uomo, un 33enne del posto, era stato ricoverato in ospedale. Non era riuscito a riconoscere gli aggressori Questa notte la svolta nelle indagini da parte dei Carabinieri di Campi Salentina

Conferenza-aggressori-porto-cesareo

“Se non ti fai picchiare, ti uccidiamo”. Inizia con queste parole l’incubo di un 33enne di Porto Cesareo portato, con una scusa, in una casa in costruzione lontano dalle luci della città, costretto a denudarsi, picchiato a sangue da tre persone, umiliato e lasciato agonizzante per terra. Uno dei suoi aggressori gli ha persino urinato addosso.

La violenza fisica e psicologica è resa ancor più brutale dal fatto che è stata animata soltanto dal rancore. Un astio covato dentro che ha spinto i tre a organizzare il raid nei dettagli. Una trappola che è costata alla vittima 45 giorni di prognosi e alla “gang” le accuse di lesioni personali, sequestro di persona, minacce e violenza privata, tortura (reato recentemente introdotto nell’ordinamento italiano) e porto abusivo di arma da fuoco. Quella pistola, mai ritrovata, con cui hanno minacciato il 33enne, imponendogli di subire.

Chiuso il cerchio

Sapevano di essere braccati dalle forze dell’Ordine, avevano intuito che gli uomini in divisa conoscevano nome e cognome degli autori della brutale aggressione e alla fine hanno ceduto. Ricercati per tutto il weekend, si sono presentati da soli in Caserma, accompagnati dagli avvocati. È così che per Lorenzo Cagnazzo, 27enne di Porto Cesareo, Kevin Soffiatti, 19enne e Maikol Pagliara, 27enne di Arnersano si sono aperte le porte del Carcere di Lecce.

La ricostruzione della notte di follia

Bisogna fare un passo indietro e tornare alla sera del 29 novembre. Il 33enne si trovava insieme agli amici e alla fidanzata in un bar di Porto Cesareo, quando è stato prelevato con una scusa. “Ci serve una mano con una macchina” gli avrebbero detto. Forse, quando è salito in auto, non immaginava che stava per cadere in una vera e propria imboscata, ma quel gesto è stata la sua “condanna”. Il giovane è che stato accompagnato in un casolare in costruzione nelle campagne di Porto Cesareo, dove sono iniziate le sevizie. Prima è stato costretto a spogliarsi, poi è stato picchiato ripetutamente con un bastone che si è persino spezzato per la violenza di uno dei colpi. Poi, come se non bastasse, è stato minacciato con una pistola e umiliato ripetutamente. Una volta finita la ‘tortura’ lo hanno lasciato per terra, agonizzante. Il 33enne era ridotto male, ma è riuscito a trovare la forza di chiamare un amico che lo ha accompagnato a denunciare l’accaduto. Sono stati i carabinieri a consigliargli di andare in Ospedale. Al San Giuseppe di Copertino, i medici gli hanno riscontrato la frattura di diverse costole, delle dita di una mano e un trauma cranico con ferita lacero-contusa.

Una ‘lezione’ senza motivo

Le indagini sono partite fin da subito, ma nonostante il cerchio sia stato chiuso continueranno per cercare altri gli altri pezzi del puzzle. I motivi dell’aggressione, per ora, sono poco chiari. Secondo quanto ricostruito è stato il rancore covato ad animare il pestaggio, utilizzando anche una spranga di ferro. Una “violenza mai vista” come hanno dichiarato nel corso della conferenza stampa. Durante il sopralluogo, il sangue era ovunque, persino sulle pareti.

Arrivare ai tre non è stato facile. Gli uomini in divisa hanno unito le parziali ammissioni della vittima, terrorizzata e ancora confusa dall’accaduto, le telecamere di video-sorveglianza istallate nella zone e alcune preziose testimonianze che hanno permesso di risalire all’auto usata per spostarsi.

Elementi che hanno permesso alla magistratura leccese di spiccare il fermo nei confronti dei giovani che si trovano ora a Borgo San Nicola, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.



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