Sette presunti “furbetti del cartellino” rischiano il processo, dopo la richiesta di rinvio a giudizio della Procura.
In occasione dell’udienza preliminare fissata per il prossimo 28 aprile, dovranno presentarsi davanti al Gup Cinzia Vergine: Giovanna D’Arpe, 64 anni, funzionaria del Comune; Ivan Vernich, 62 anni, coordinatore del servizio Igiene Sanità e Randagismo del settore Ambiente; Fulvio Secondo, 64 anni, di Lizzanello, segretario presso il settore Ambiente; Cristiano Mezzi, 47 anni, di Lizzanello, addetto all’archivio del settore Igiene e Sanità. E poi, Fortunato Buttazzo, 68 anni, istruttore amministrativo contabile presso il servizio Demografico; Valentina Vernich, 39 anni, dipendente della Lupiae; Elisabetta Sanzò, 45 anni, di Lizzanello, dipendente della Lupiae.
Rispondono a vario titolo ed in diversa misura del reato continuato di truffa aggravata.
Gli imputati sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati: Alberto Paperi, Ladislao Massari, Luigi e Roberto Rella, Francesco Spagnolo, Francesco Calabro.
Invece, Il pm Maria Vallefuoco ha stralciato le posizioni di altri dieci indagati che comparivano nell’avviso di conclusione delle indagini. Per loro si profila l’archiaviazione del procedimento.
Gli episodi contestati
Tanti gli episodi contestati ai presunti dipendenti assenteisti nell’inchiesta della Procura. Alcuni vennero “pizzicati” a fare compere presso esercizi commerciali; altri ad acquistare “gratta e vinci” o a giocare alle slot machine. Per alcuni di loro venne anche disposta la misura interdettiva dall’esercizio della professione.
I fatti si sarebbero verificati tra marzo e luglio del 2016. Le cifre oscillerebbero tra i 300 euro, fino agli oltre 4mila euro (in talune circostanze corrispondenti al valore dei buoni pasto).
Le ore di assenza, invece, sarebbero in certi casi “appena” 25; in altri, arriverebbero a quota 100.
I funzionari comunali, sostiene la Procura, avrebbero “omesso di rilevare la propria assenza dal luogo di lavoro ovvero giusitificato la stessa attestando, contrariamente al vero, la sussistenza di motivi di servizio”. In che modo? “Non registrando le relative uscite sull’orologio marcatempo ovvero attestando falsamente mediante la digitazione di apposito codice, la loro inerenza all’attività lavorativa prestata”. In tal modo, si sarebbero garantiti “la percezione da parte della Pubblica Amministrazione di emolumenti retribuiti per prestazioni lavorative non effettuate”.
Invece, i dipendenti della Lupiae Servizi, avrebbero attestato, sostiene il pm “in più occasioni e contrariamente al vero, sull’apposito registro, la propria presenza sul luogo di lavoro in orari diversi o maggiori di quelli effettivi”.
