Rischia di affrontare un processo penale, l'operatrice del 118 che entrò in comunicazione con le due ambulanze, accorse a prestare soccorso al consigliere comunale Carlo Benincasa.
Il pubblico ministero Emilio Arnesano dopo la chiusura delle indagini nei confronti di S.L., ha inoltrato la richiesta di rinvio a giudizio all'ufficio Gip. Il fascicolo è nelle mani della dr.ssa Simona Panzera, la quale dovrà fissare la data dell'udienza preliminare, in cui si deciderà il "destino" processuale dell'operatrice telefonica.
La donna, secondo quanto risulta dall'ordinanza del giudice Sernia, non avrebbe comunicato né alla prima, né tantomeno alla seconda ambulanza che l'uomo "avesse già patito in ben due occasioni di episodi di edema polmonare".
L'operatrice non si sarebbe neanche curatadi chiedere alcun chiarimento circa il senso effettivo dell'espressione proferita dal figlio, "non respira più"; nonostante, continua il gup, "detta espressione fosse oggettivamente equivoca in un contesto in cui non si esprimeva alcun timore circa l'avvenuto verificarsi del decesso del paziente".
Ricordiamo che nell'udienza del 1 marzo scorso, il gup Stefano Sernia ha ritrasmesso gli atti al pm, "per iniziative di sua competenza", nei confronti dell'operatrice del 118, S.L., in merito al reato di omicidio colposo.
Sempre lo stesso giorno, il giudice ha disposto il non luogo a procedere per un medico, un infermiere ed un soccorritore del Fazzi. Essi facevano parte della seconda ambulanza intervenuta la sera del 19 aprile 2011.
Invece, nell'udienza del 7 giugno, il gup Sernia ha rinviato a giudizio K. P. La donna dovrà presentarsi in data 26 ottobre per l'inizio del processo, innanzi al giudice monocratico della prima sezione penale. L'imputata è assistita dall'avvocato Massimiliano Petrachi. Invece, quel giorno, vi è stato il proscioglimento da ogni accusa di una barelliera, difesa dall'avvocato Giuseppe De Luca. Entrambe facevano parte della prima ambulanza che prestò i soccorsi a Benincasa.
L'esponente del Partito Democratico Carlo Benincasa è deceduto il 19 aprile 2011, all'età di 59 anni. Gli indagati, tra cui un medico, due infermieri e due operatrici di soccorso del Vito Fazzi di Lecce, si dovettero presentare innanzi ai gup, dopo l’imputazione coatta disposta nei loro confronti.
La moglie ed il figlio del consigliere comunale si sono costituiti parte civile nella prima udienza. I loro difensori, gli avvocati Stefano Prontera e Paolo Pepe invocarono a carico di ogni imputato un risarcimento di una somma non inferiore ai 2 milioni di euro, per ognuno dei famigliari. Inoltre, si è costituita parte civile l'Asl.
Inizialmente, il pubblico ministero Emilio Arnesano aveva chiesto l'archiviazione del procedimento. La procura riteneva che le condizioni di salute di Benincasa fossero ormai talmente gravi che anche un intervento più immediato o l’utilizzo di un defibrillatore non avrebbero potuto evitare il decesso del consigliere comunale.
L’indagine venne messa in moto con una querela depositata dalla moglie e dal figlio del politico. I famigliari evidenziarono nella denuncia la mancanza di un corretto approccio terapeutico in caso di edema polmonare acuto ed il mancato utilizzo del defibrillatore automatico. Benincasa, infatti, sarebbe stato adagiato in una posizione supina che avrebbe soltanto aggravato il suo stato di salute.
