Agguato di Copertino, alla base il furto di marijuana a opera del figlio di Panzanaro

I  militari dell’Arma dei Carabinieri hanno arrestato alle prime luci dell’alba l’ultimo componente del commando, ricostruito tutti i momenti dell’agguato e il movente. I dettagli dell’arresto di Saponaro.

Il furto di un po’ di marijuana da parte del figlio di Paolo Panzanaro, questo sarebbe il movente dell’agguato al 46enne di Veglie avvenuto nella giornata del 2 ottobre scorso.

Dopo circa 72 ore dalla cattura di tre degli autori (Bruno Guida, 42enne di Leverano, Peppino Vadacca, 44enne di Carmiano e Matteo Niccoli, 22enne) del tentato omicidio nei confronti di Panzanaro, come anticipato in precedenza, alle prime luci dell’alba di oggi i militari dell’Arma della Stazione di Carmiano e della Tenenza di Copertino, hanno messo le manette ai polsi al 42enne Toni Saponaro, ultimo dei quattro componenti della banda.

L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Giudice delle Indagini preliminari Carlo Cazzella, su richiesta del Sostituto Procuratore Consolata Moschettini e come i suoi complici è ritenuto responsabile dei reati di tentato omicidio in concorso; lesioni personali aggravate e detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo.

I carabinieri copertinesi nelle scorse ore non solo hanno ricostruito meticolosamente il susseguirsi degli eventi della mattinata del 2 ottobre, ma hanno altresì acclarato il movente che ha portato ai fatti.

Il furto della marijuana

Tutto prende il via circa una settimana fa, quando, il 19enne figlio di Paolo Panzanaro, ha notato nelle campagne tra Leverano e Carmiano tre serre dalle quali proveniva un forte odore di marijuana. Dopo essersi avvicinato ai vivai e aver raccolto un po’ di sostanza stupefacente per uso personale, si è accorto della presenza di alcune telecamere che lo hanno immortalato.

Il giorno seguente, presso la sua abitazione, si è presentato Bruno Guida che ha chiesto la restituzione della droga, contestandogli il fatto che fosse stato ripreso.

La spedizione punitiva

Nonostante la restituzione della marijuana, il 2 ottobre, è stata organizzata la spedizione punitiva a opera dei quattro.

Giunti sul posto a bordo di una Bmw di colore scuro, in primis sono scesi dall’auto Saponaro, Miccoli e Vadacca che hanno chiesto a Paolo Panzanaro dove si trovasse il figlio, intimando al giovane la restituzione del “maltolto” che Guida aveva già preteso indietro e, a questo punto dal mezzo è uscito quest’ultimo e ha ordinato agli altri tre di sparare. Matteo Nicolì, quindi, ha estratto la pistola dalla tasca dei pantaloni è ha esploso due colpi di arma da fuoco che non sono andati a segno.

Il riconoscimento di Saponaro

Quanto al riconoscimento di Toni Saponaro, le modalità sono le stesse utilizzate per i suoi complici.

Dalla visione delle riprese a opera delle telecamere di videosorveglianza, i Carabinieri di Carmiano hanno suggerito, dagli elementi investigativi fino a ora acquisiti, che per il quarto indagato potesse trattarsi proprio di Saponaro. Una volta recepito il consiglio i militari di Copertino hanno estrapolato alcune fotografie e le hanno mostrate a Paolo Panzanaro al figlio e alla moglie che, dopo averle visionate, insieme alla conferma di altri dettagli, hanno riconosciuto inequivocabilmente anche l’ultimo degli autori dell’agguato.