Norman Atlantic. Dove è scoppiato l’incendio se non nel garage?

Nei ponti 1 e 2, dove si trovano i garage, pochi danni: forse l’incendio si è sviluppato altrove. È questa la scoperta dei vigili del fuoco di Brindisi durante il primo tentativo di calarsi nel cuore del traghetto reso difficile questa volta dal fumo

Dopo aver spento gli ultimi focolai ancora vivi che, di fatto, impedivano di addentrarsi nel cuore ancora rovente della nave, i Vigili del fuoco di Brindisi hanno cercato, non senza difficoltà, di scendere in quelle zone del traghetto ancora off limits, passando attraverso una piccola apertura che si scorge sulla 'N' della scritta Anek Line. Non è stato necessario praticare nelle lamiere un foro in cui gettare una pioggia di acqua nebulizzata né sono più serviti gli enormi cannoni che erano già stati condotti sulla banchina di costa Morena Nord, il Norman Atlantic non brucia più e i ponti 1 e 2, quelli al momento ispezionati, hanno iniziato a raccontare qualcosa in più sull’incendio divampato alle prime luci dell’alba del 28 dicembre scorso, mentre viaggiava da Igoumenitsa verso Ancona.
 
Il fumo e l’aria irrespirabile hanno impedito ai caschi rossi un sopralluogo più approfondito, ma una cosa sembra ormai certa: il rogo non sarebbe partito dal garage, così come ipotizzato fin dal primo momento. A dirlo sono i mezzi, auto e camion danneggiati sì ma solo lievemente. Prende dunque corpo l’ipotesi che l’origine dell’incendio debba essere cercata altrove, forse nel ponte 3 o nel 4, ancora inesplorati. E più dal fumo, che dal fuoco. Certo, l’ispezione finalizzata per il momento più a constatare e a facilitare la praticabilità e la sicurezza dei locali che a fini investigativi, ha dato solo alcune risposte, seppur importanti.
 
A bordo del relitto è salito anche il team di medici legali guidati dal professore Francesco Introna che ha controllato alcune cabine, finora rimaste chiuse e i piani superiori. Oltre non è stato possibile procedere a causa delle alte concentrazioni di monossido di carbonio che rendono difficile una lunga permanenza nei tre piani più bassi. Per ora nessun corpo è stato trovato, ma proprio lì, nei piani più bassi, si cercano i cadaveri, o quel che purtroppo resta, delle persone disperse o dei clandestini che potrebbero essersi imbarcarsi sul traghetto, ipotesi confermata anche dalla testimonianza raccolta a Bari di un migrante 16enne scampato alla morte, che ha raccontato di aver visto bruciare almeno dieci persone che erano con lui.

Nel frattempo nell’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari sono iniziate le autopsie sulle nove delle undici vittime accertate. Dalle prime indiscrezioni circolate sembrerebbe che potrebbero essere state attaccate da squali. È l'ipotesi lanciata dagli inquirenti dopo che, su almeno una delle salme, sono state individuate ferite compatibili. Il “sospetto” è stato messo nero su bianco nell'atto di affidamento dell'incarico tant’è che alle autopsie parteciperà anche un biologo marino, il dottor Lucio Rositano.

All’appello manca ancora un numero ancora impreciso di persone a causa delle difficoltà incontrate dagli inquirenti nel ricevere una lista d’imbarco definitiva.



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