Scontro tra supporter baresi e leccesi sulla A 16, obbligo di dimora per 6 tifosi giallorossi

Lo stesso provvedimento è scattato per altrettanti esponenti del tifo organizzato biancorosso. I fatti il 23 febbraio scorso nei pressi di Cerignola.

Blocco stradale, rissa, rapina, danneggiamento seguito da incendio e favoreggiamento, sono i capi di imputazione posti a fondamento dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, Domenico Zeno, a carico di 12 persone legate al mondo della tifoseria ultrà del Bari e del Lecce, che, in concorso tra loro, il 23 febbraio scorso, si sono resi protagonisti di una mattinata di scontri lungo il tratto autostradale A16 tra Cerignola e Candela, nel Foggiano.

I destinatari del provvedimento

Si tratta di C.A., 23enne; C.P., 37enne; D.G., 25enne; D.A., di anni 23enne; D.S., 42enne e Q.M., 41enne, tutti legati alle tifoserie ultras del Lecce e C.B., 52enne; S.V., 47enne; T.D., 38enne; D.D., 31enne; A.G., 43enne e G.N., 23enne, riconducibili alla tifoseria del Bari, per i quali il Tribunale di Foggia, su richiesta del Pubblico Ministero che ha diretto le indagini, Marco Gambardella, ha disposto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza.

I fatti

Come noto, il giorno 23 febbraio scorso, alcuni tifosi del Lecce e del Bari, diretti rispettivamente a Roma e a Castellamare di Stabia per assistere alle partite delle due squadre, per una casualità, si sono incrociati, sulla A.16, in territorio di Cerignola. In quella occasione, lo scoppio accidentale dello pneumatico di un autobus su cui viaggiava una parte della tifoseria biancorossa aveva costretto il mezzo a fermarsi nella corsia di emergenza, motivo per cui gli altri autobus del convoglio si erano incollati poco più avanti.

Qualche minuto dopo, sono sopraggiunti, su quella corsia, numerosi minivan a bordo dei quali viaggiavano i supporter della squadra salentina che, alla vista degli avversari, hanno fermato i mezzi, occupando completamente il tratto di carreggiata.

Di lì a poco, dopo l’esplosione di alcuni petardi, le tifoserie sono entrati in contatto tra loro dando il via ad una serie di scontri che hanno portato al danneggiamento di 5 minivan della tifoseria leccese di cui 2 dati alle fiamme e fatti oggetto di atti predatori con sottrazione di tutto il materiale contenuto nei borsoni (sciarpe e striscioni).

Nella circostanza, la Polizia Stradale, giunta sul posto perché allertata dagli automobilisti, hanno assistito a un fitto lancio di fumogeni, petardi e sassi, che hanno interessato anche la carreggiata opposta.

Le attività immediate di Polizia Giudiziaria hanno portato al rinvenimento di armi e oggetti atti ad offendere, oltre a tracce ematiche sulla sede stradale che hanno fatto sì che si presumesse il ferimento di alcune persone.

Le indagini

Alla luce tutto questo, la Procura di Foggia ha dato un pronto impulso alle attività di indagine, che si sono presentate subito complesse, soprattutto a causa dell’assenza di impianti di video sorveglianza e del gran numero dei partecipanti (circa 500 persone) alla rissa.

Sono state, quindi, delegate le Digos di Bari, Lecce e Foggia che, anche attraverso un’attività tecnica specifica, hanno raccolto elementi indiziari su circa 40 persone riconducibili alle frange più estreme delle due tifoserie, nei confronti dei quali è stato subito emesso un decreto di perquisizione, locale e personale, che ha interessato anche i luoghi di ritrovo degli ultrà. Le perquisizioni, eseguite nel maggio scorso nelle provincie di Bari e Lecce dagli agenti delle Digos delegate, hanno portato al rinvenimento di materiale d’interesse investigativo (vessilli, indumenti d’area e artifizi pirotecnici) e al sequestro di numerosi cellulari da sottoporre ad analisi forense.

I successivi approfondimenti hanno consentito di acquisire incontrovertibili elementi di responsabilità su 23 delle persone deferite; in tal senso, determinante è risultata l’analisi dei telefonini sequestrati, oltre ad alcune conversazioni captate durante l’attività tecnica condotta dagli investigatori.

Sulla base degli elementi raccolti, quindi, Pubblico Ministero ha avanzato richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 12 indagati, le cui posizioni sono risultate più rilevanti sotto il profilo penale; il Giudice per le indagini preliminari, nel riconoscere i gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati, ha ritenuto, però, di applicare nei loro confronti la misura cautelare non detentiva dell’obbligo di dimora, eseguita nella giornata di oggi.



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