Si è proceduto, nella mattinata di oggi, con il dibattimento del maxi processo "Baia Verde", in cui ha preso la parola un imprenditore, presunta vittima di estorsione ed è stata sciolta dal giudice, la riserva sull'ascolto del pentito di mafia Gioele Greco. Infatti, è stato anzitutto sentito V.C. accogliendo la richiesta di abbreviato condizionato di un teste, per Fabio Pellegrino, 29 anni di Galatone, dei suoi difensori, gli avvocati Roberto De Mitri Aymone e Luigi Corvaglia.
L'imprenditore, ascoltato in videoconferenza si sarebbe già dovuto presentare la scorsa volta, ma ciò non fu possibile per motivi legati al suo stato d'indigenza. In una lettera indirizzata al giudice Stefano Sernia, egli aveva sottolineato la propria impossibilità a presentarsi in aula, per le condizioni economiche della sua famiglia, che non gli permettevano neanche di pagarsi le spese del viaggio.
Invece, il 17 novembre sarà ascoltato sempre in videoconferenza il collaboratore di giustizia Gioele Greco. Nell'udienza scorsa, il procuratore aggiunto Antonio De Donno aveva chiesto, in prima istanza, il deposito dei verbali relativi alle dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia, sempre relativi alle presunte richieste estorsive ai danni dell'imprenditore. Di fronte, però, all'opposizione di alcuni avvocati, il pm aveva chiesto al gup Sernia che il pentito venisse ascoltato direttamente.
La maxi operazione investigativa "Baia Verde" portò in data 17 luglio 2014, all’arresto di elementi criminali di spicco dei Clan Padovano di Gallipoli e Tornese di Monteroni. Il processo in abbreviato vede coinvolti 13 imputati : i gallipolini Angelo Padovano, 26enne, figlio di “Nino Bomba”; Gabriele Cardellini, 31 anni, Alessandro Oltremarini, 29enne; Fabio Negro, 40 anni; Carmelo Natali, 41enne; Antonio Manna, 34anni; Rosario Oltremarini, 46 enne; i leccesi Giovanni Parlangeli, 33 anni Gabriele Pellè, 37 enne; Roberto Parlangeli, 37enne, di Magliano ; Alessio Fortunato, 31enne, di Squinzano; Luciano Gallo, 46 anni di Martano; Luciano Nuccio, 44enne, di Tricase. I tredici imputati sono difesi dagli avvocati Stefano Ninni, Stefano Prontera, Mario Coppola, Marcello Falcone, Francesco Fasano, Giampiero Tramacere, Antonio Savoia, Pantaleo Cannoletta, Luigi Carrozzini, Gianluca Ciardo, Luigi Suez, Anna Paola Trisolino, Biagio Palamà, Michelangelo Gorgoni, Gabriele Valentini, Luigi Corvaglia, Roberto De Mitri Aymone, Fabio Corvino e Antonio Bolognese. Essi rispondono dei reati di associazione a delinquere, tentata e consumata, estorsione aggravata dalle modalità mafiose, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il clan gallipolino aveva creato un sistema criminale di controllo sulle discoteche ed i parcheggi, quest'ultimo attraverso la società “Lu rusciu te lu mare”. Per dare parvenza di legalità, era stato addirittura richiesto al comune di Gallipoli il rilascio delle autorizzazioni per la gestione di quest'ultimi.
Ricordiamo, infine, che il 22 settembre scorso, sempre nell'ambito dell’operazione “Baia Verde, è stato emesso dal gup Giovanni Gallo, su richiesta del procuratore aggiunto Antonio De Donno, un provvedimento di sequestro preventivo. Esso ha interessato agenzie investigative, una sala giochi, una pescheria ed ancora conti correnti, appartamenti, auto e moto: tutti beni riconducibili al clan “Padovano” di Gallipoli per un valore complessivo di circa un milione di euro.
Alcuni giorni fa, la Procura ha nuovamente provveduto a fare emettere il sequestro preventivo dei beni del clan per due imputati. Infatti, il Tribunale del Riesame, Presidente Silvio Piccinnno, aveva accolto la richiesta della difesa annullando il provvedimento.L'avvocato Pantaleo Cannoletta, difensore assieme a Luigi Rella, di Luca Tomasi, aveva posto una questione preliminare riguardante il suo assistito, ma anche gli altri imputati, in base alla quale il decreto di sequestro sarebbe stato da considerare nullo.
Mentre, il gip (giudice per le indagini preliminari) Giovanni Gallo firmava il decreto di sequestro dei beni relativo all'operazione “Baia Verde", le indagini si erano già concluse. Si era infatti, già passati alla fase "processuale", in cui alcuni imputati avevano scelto di essere giudicati con il rito ordinario ed altri con quello abbreviato.
Inoltre, gli avvocati Giampiero Tramacere e Mario Coppola per Gabriele Cardellini avevano prodotto una corposa documentazione per attestare la provenienza lecita dei beni messi sotto chiave dal Tribunale. Essi avevano depositato l’impugnazione per Cardellini, finalizzata ad ottenere il dissequestro del patrimonio del gallipolino e della sua compagna.
