Strangolato e quasi sciolto nell’acido, le prime risposte sul giallo del cadavere ritrovato a Gallipoli

La Tac eseguita questa mattina sul corpo dell’uomo, ritrovato nel fusto di metallo all’interno di una pineta, ha dato le prime importanti risposte sul giallo di Gallipoli. Domani, invece, è prevista l’autopsia.

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«È stato mio padre a uccidere Khalid…». Ad accusare Marco Barba, 43enne di Gallipoli, di aver ammazzato senza pietà e provato a sbarazzarsi del corpo dell’ambulante marocchino di cui si erano perse le tracce dal 23 giugno scorso, è stata la figlia Rosalba che durante il lungo interrogatorio ha ammesso anche di aver partecipato, costretta a suo dire, all’occultamento del cadavere.  
  
Il racconto della figlia di “Tannatu” – in carcere per avere inviato lettere minatorie con tanto di proiettili all’allora candidato sindaco, Sandro Quintana – però non basta. Per ricostruire il complicato puzzle del giallo di Gallipoli servono certezze. Le prime risposte sono arrivate, questa mattina, dalla Tac eseguita sul corpo dell’uomo ritrovato in un bidone di ferro per combustibili, parzialmente nascosto con del cemento e in un punto in cui nessuno sarebbe mai arrivato se non “guidato”.
  
L’esame, insomma, ha confermato i primi “sospetti”: sul corpo dello straniero ci sono tracce di acido che avrebbero ‘cancellato’ alcuni tratti somatici. E ancora, la corda, ritrovata poco distante dal fusto, è servita probabilmente per strangolarlo, dato che sul collo sono stati trovati segni profondi.   
  
Accertato questo, il prossimo passo sarà attendere i risultati dell’autopsia, affidata sempre al medico legale Roberto Vaglio, fissata per domani mattina. Solo allora si avrà la certezza che si tratti di Khalid Lagraidi, sul quale era stata avviata dai poliziotti della Squadra mobile un’inchiesta per sequestro di persona, dopo la denuncia presentata in Questura dalla sorella.
  
È ancora troppo presto, invece, per capire perché al giovane marocchino sia toccato questo crudele destino. Al momento, nel registro degli indagati come atto dovuto in caso di atti irrepetibili, sono stati scritti i nomi di Marco Barba e della figlia Rosalba.