Sul caso Marò ora l’Italia prova a fare la voce grossa

Nella lunga vicenda che vede da ben 3 anni coinvolti i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ora l’Italia alza la voce. In attesa della soluzione consensuale tra i due Paesi inizia il conto alla rovescia: il 12 aprile scadrà il permesso concesso al fuciliere.

Il 12 aprile Massimiliano Latorre, salvo cambi di programma, dovrà salire su un aereo che lo riporterà a New Delhi.  Quel giorno, infatti, terminerà la proroga concessa dall’India al Fuciliere di Marina per curarsi dopo l’ictus che lo aveva colpito alla fine di agosto dello scorso anno.  I giornalisti che hanno avuto modo di incontrarlo in questi mesi e soprattutto chi gli è sempre stato accanto raccontano di un Latorre diverso rispetto all’uomo tutto d’un pezzo che abbiamo imparato a conoscere. I segni della malattia sono ancora visibili, la riabilitazione lenta e la data in cui scadrà il permesso della Corte suprema indiana per la convalescenza si sta avvicinando. Qualora gli fosse “imposto” di rientrare, Massimiliano prenderà quel volo perché è prima di tutto un militare, poi un italiano, ma soprattutto perché in India è rimasto Salvatore Girone, considerato come una sorta di ostaggio. Secondo quanto si apprende da alcuni organi di stampa, i legali del marò tarantino stanno chiederanno un’altra proroga, ma sarà solo l’ennesimo palliativo in attesa che si trovi una soluzione per uscire dal vicolo cieco in cui sono rimasti intrappolati i due fucilieri del Battaglione San Marco dal 15 febbraio 2012, quando nell’incidentre tra la nave mercantile Enrica Lexie e il St. Anthony persero la vita due pescatori nelle acque di fronte alla costa indiana.. Tre anni sono troppi, la pazienza ormai poca, e non basta più trincerarsi dietro il silenzio di fronte a tutta una serie di errori che sono stati commessi.

Intanto, l’Italia pare abbia deciso di fare la voce grossa. Per la prima volta, infatti, è stato lanciato ad un aut-aut:  o ci sarà una soluzione condivisa che risolva una volta per tutte l’impasse oppure la partecipazione alla missione antipirateria dell’Ue sarà a rischio. Una posizione netta forse tardiva che arriva proprio nel giorno in cui l’India fa sapere che una squadra di legali sta studiando la proposta inviata dall’Italia per una risoluzione del caso.

L’eventuale uscita dall’Italia dall’operazione militare Atalanta è inserita in un emendamento al decreto legge sul terrorismo approvato nelle ultime ore in commissione alla Camera e ora all’esame dell’aula che prevede anche che i militari italiani non potranno più difendere navi private che navigano nei mari a rischio di pirateria.

Intanto a Nuova Delhi, il direttore generale del ministero degli Esteri, Navtej Singh Sarna – rispondendo ad una domanda dell’Ansa – ha confermato senza esitazione che «una proposta italiana c’è e che è attualmente allo studio dei nostri esperti legali» senza fornire ulteriori dettagli sui contenuti. Dell’invio di una proposta di Roma al premier indiano Narendra Modi si era saputo peraltro già lo scorso dicembre per ammissione dello stesso ministro degli Esteri Sushma Swaraj.



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