Tentato omicidio Nardò: i Russo (padre e figlio) fanno scena muta innanzi al giudice

Francesco Russo e il figlio Giampiero si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia, avvenuto nel carcere di Borgo San Nicola. I due sono stati arrestati domenica scorsa, mentre un complice siciliano è finito in manette, il giorno prima.

Si sono svolti in mattinata gli interrogatori di garanzia per il tentato omicidio di Nardò, ma i due Russo hanno fatto scena muta. Davanti al gip Alcide Maritati, Francesco e il figlio Giampiero si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L'interrogatorio si è tenuto nel carcere di Borgo San Nicola, alla presenza degli avvocati difensori, Francesco Fasano, Francesca Conte e Tommaso Valente. In giornata è stato ascoltato per "rogatoria" dal carcere di Novara, l'altro indagato Angelo Caci (arrestato sabato scorso) detto "Zio Angelo".

Il tentato omicidio avvenuto nel pieno centro di Nardò, come affermato dal gip Alcide Maritati nell'ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere, andrebbe inquadrato "nella contrapposizione, in atto  tra elementi di spicco della criminalità organizzata". Il giudice ha accolto la richiesta avanzata sabato scorso dal pubblico ministero Stefania Mininni, titolare dell'inchiesta. Sono così finiti in manette: il 64enne, Francesco Russo; il figlio Giampiero Russo, 27 anni di Nardò; il 47enne originario di Gela, ma residente a Novara, Angelo Caci ( arrestato sabato scorso) detto "Zio Angelo", con l'accusa di "tentata estorsione continuata e aggravata". Risultano indagati altri due siciliani, non ancora identificati. Francesco Russo e Angelo Caci rispondono anche di "tentato omicidio" (senza l'aggravante della modalità mafiosa, come ipotizzato inizialmente) e "porto illegale di arma da fuoco".

In base a quanto sostenuto dal gip Maritati nell'ordinanza, le due imputazioni sarebbero strettamente collegate tra loro. Fondamentali in tal senso, le dichiarazioni della vittima della tentata estorsione. L'uomo ha ricostruito la vicenda della richiesta di denaro, messa in atto dai tre indagati attraverso minacce e violenze fisiche.

Il commerciante ha, dunque, riferito di una richiesta estorsiva di 500 euro, da lui non "soddisfatta" per mancanza di liquidità, ma della quale venne informato Calignano. Il 27enne si interessò alla faccenda interloquendo con i presunti estorsori che ebbero, evidentemente, una reazione contraria alle "aspettative, che sfociò nel tentativo di ammazzarlo. La volontarietà del gesto, viene spiegata dallo stesso gip Maritati, il quale afferma che "l'azione di Francesco Russo è stata all'evidenza diretta a togliere la vita al suo rivale, in quanto nessun altra spiegazione può avere un colpo sparato al cuore, di una persona disarmata che sta avanzando verso l'autore dello sparo".

Dunque, questa e altre testimonianze sarebbero risultate preziose ai fini delle indagini, ma non solo; anche il filmato di una telecamera di video sorveglianza che avrebbe immortalato i presunti colpevoli al momento della sparatoria.



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