Inchiesta sull’ampliamento de “L’Approdo di Enea” a Porto Badisco, due funzionari a processo

Due dipendenti dell’Ufficio Tecnico del Comune di Otranto rispondono dell’accusa di abuso di ufficio e falsità ideologica e sono stati rinviati a giudizio.

Due funzionari del Comune di Otranto finiscono sotto processo per i presunti abusi in odor di falso, relativi all’ampliamento de “L’Approdo di Enea” di Porto Badisco.

Il gup Edoardo D’Ambrosio, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio: Giuseppe Tondo, 65 anni, di Otranto, Responsabile del Settore Ambiente; Emanuele Maggiulli 52 anni, di Muro Leccese, Responsabile dell’Area Tecnica .

Rispondono entrambi dall’accusa di abuso di ufficio e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Dovranno presentarsi, il 14 gennaio prossimo, dinanzi ai giudici in composizione collegiale per la prima udienza. Sono assistiti dagli avvocati Pietro ed Antonio Quinto.

Invece, per altri due indagati, l’udienza preliminare di fronte al gup Cinzia Vergine, è fissata per il mese di febbraio del 2019. Si tratta di Salvatore Fruini, 71 anni, di Minervino, titolare della ditta che ha gestito il bar-ristorante fino al 2009 e il figlio Luigi Fruini, 33 anni, gestore del bar-ristorante a partire dal 2009 attraverso la società “L’Approdo di Enea”. Sono entrambi difesi dallavvocato Luigi Corvaglia.

L’inchiesta

L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, ha fatto luce su una serie di autorizzazioni e certificati di agibilità, considerati illegittimi. Riguardo la posizione di Tondo, viene contestata solo un’autorizzazione del 2016, riguardante lo scarico delle acque reflue.

Ad ogni modo, i due imputati avrebbero attestato falsamente che la struttura fosse precaria ed amovibile. Inoltre, sostiene il pm, sarebbe stato consentito ai gestori di ampliare la struttura, violando gli strumenti urbanistici in vigore entro i 300 metri dal mare, senza ottenere i nulla-osta sui vincoli paesaggistici ed idrogeologici.

La Procura ritiene poi, che il Comune di Otranto avrebbe dovuto annullare i permessi rilasciati illegittimamente, in autotutela. Non solo, poiché avrebbe dovuto emanare degli ordini di demolizione e di ripristino dei luoghi. Infine, viene contestata l’omessa comunicazione alla Prefettura del bar-ristorante, nell’elenco delle opere non sanabili.