Rischia il processo un dipendente comunale accusato di due maxi truffe. Il sostituto procuratore Massimiliano Carducci ha chiesto il rinvio a giudizio per A.C. 57enne leccese. Dovrà presentarsi per l’udienza preliminare, il 6 luglio prossimo, dinanzi al gup Laura Liguori che dovrà pronunciarsi sull’istanza della Procura. Risponde dell’ipotesi di reato di truffa pluriaggravata. È assistito dall’avvocato Francesco De Iaco che potrà avanzare richiesta di rito alternativo e chiedere il proscioglimento.
Le due vittime di truffa sono difese dagli avvocati Francesca Conte e Rosa Parenti del Foro di Treviso e potranno costituirsi parte civile nel corso dell’udienza preliminare.
Secondo l’accusa, fino al mese di luglio del 2019, A.C. avrebbe truffato, intascando ben 200mila euro, una donna di mezza età di un paese del Nord Salento, affetta da disabilità all’85%. In che modo? Promettendole un progetto di vita in comune e dichiarandole il proprio amore per lei, nonché approfittando dei profondi e reali sentimenti provati dalla medesima e della situazione di debolezza e vulnerabilità dovute all’invalidità civile. Per ottenere ciò le avrebbe riferito di trovarsi in difficoltà economiche. E ci sarebbe riuscito, inducendola a versare l’ingente somma sul proprio libretto di risparmio. Avendo la disponibilità del codice segreto della carta di credito della signora, avrebbe effettuato acquisti online per un importo complessivo di 4.500 euro.
La donna ha poi sporto denuncia attraverso l’avvocato Francesca Conte, ricostruendo la truffa architettata dal dipendente comunale. E veniva sottolineato nell’atto come A.C. la minacciava e la offendeva di non farsi più vedere se non le avesse corrisposto il denaro. E quando la signora disabile, trovava il coraggio di chiedergli di restituirle i soldi prestatigli, A.C. l’aggrediva verbalmente per aver osato rinfacciargli i prestiti elargiti.
L’altro episodio di truffa, invece, si sarebbe verificato nell’agosto del 2019, in danno di una signora di mezza età della provincia di Venezia. In questo caso, A.C. si sarebbe qualificato come un Maggiore dei Carabinieri “in incognito”, laureatosi presso l’accademia militare di Modena ed impegnato nell’attività investigativa, conseguente alla collaborazione dei pentiti di mafia.
Ed avrebbe manifestato alla signora le concrete intenzioni relative ad un comune progetto di vita, chiedendole anche, in considerazione di gravi problemi economici e finanziari, a corrispondergli nel tempo somme di denaro, mediante bonifici bancari. Non solo, anche mediante la consegna della sua carta di credito ricaricabile, dalla quale effettuava direttamente dei prelievi per un importo totale di 15.360 euro.