Il padre morì carbonizzato, avvolto dalle fiamme, nel bagno di casa. Il figlio è finito in mattinata sotto processo, con l’accusa di omicidio preterintenzionale. È terminata l’udienza preliminare riguardante Vittorio Leo, 49enne di Collepasso. L’udienza si è svolta alla presenza delle parti, nel rispetto delle norme anti covid-19.
Il gup Cinzia Vergine ha disposto il rinvio a giudizio, accogliendo l’istanza avanzata dal sostituto procuratore Luigi Mastroniani che, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, aveva riqualificato l’accusa di omicidio volontario in preterintenzionale. Vittorio Leo dovrà presentarsi dinanzi ai giudici della Corte d’Assise, il prossimo 16 giugno, per l’inizio del processo.
La sorella dell’imputato, assistita dall’avvocato Elvia Belmonte, non si è costituita parte civile. L’imputato, invece, è difeso dall’avvocato Francesca Conte che non ha avanzato richiesta di riti alternativi e sostiene come l’episodio contestato vada inquadrato come un tragico incidente.
La difesa ha anche chiesto un’attenuazione della misura cautelare. Il gip deciderà sull’istanza nelle prossime ore.
Ricordiamo che, nei mesi scorsi, dinanzi al gip Giovanni Gallo, si è svolto l’incidente probatorio e il consulente tecnico, lo psichiatra Domenico Suma, ha ritenuto Vittorio Leo in grado d’intendere e di volere quando il padre prese fuoco e morì carbonizzato poco dopo.
La difesa rappresentata dall’avvocato Francesca Conte, nel corso dell’incidente probatorio, aveva chiesto la sostituzione della misura carceraria con quella dei domiciliari. Il gip ha rigettato l’istanza della difesa. Il giudice nell’ordinanza sostiene che Vittorio Leo debba rimanere in carcere, sottolineando che “non ha mostrato nessuna forma di pentimento“. E poi, il gip non condivide la riqualificazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale operata dal pm nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Il giudice richiama quanto sostenuto nell’ordinanza applicativa della misura carceraria. Vittorio Leo avrebbe deliberatamente gettato dell’alcol addosso al padre, dando fuoco allo stesso, al fine di cagionarne la morte. Invece, sostiene il pm, l’agente immobiliare non aveva programmato l’omicidio e non aveva intenzione di uccidere il padre.
I fatti
Il 29 maggio scorso, Antonio Leo, 89enne insegnante in pensione, venne trovato senza vita nella sua abitazione di Collepasso, dove viveva da solo. Il cadavere era in bagno, carbonizzato dalle fiamme. È stato il figlio a chiedere aiuto agli uomini in divisa. Il 48enne – titolare una agenzia immobiliare – viveva in un appartamento vicino a quello dell’anziano padre, nello stesso stabile.
Sospettato fin da subito di essere l’autore del gesto, Vittorio Leo è poi finito in manette e condotto in carcere dai carabinieri del Norm di Casarano, coadiuvati dai colleghi della stazione di Collepasso.
L’interrogatorio
Durante l’interrogatorio in caserma e dinanzi al pm, Vittorio Leo ha sostenuto che non era sua intenzione uccidere il padre e che non lo soccorse poiché paralizzato dalla paura. Anzi, si stese sul divano e poi si cucinò un piatto di pasta al ragù. Dopo pranzo, ripulì la cucina e lavò il pavimento. Il 48enne nel corso dell’interrogatorio si è soffermato anche sul rapporto conflittuale con il padre, affermando: “Lui non accettava che io potessi partecipare all’eredità”. E ancora, “Non accettava che io avessi abbandonato gli studi”.