Catturato il latitante Patrizio Pellegrino. Il boss della Scu si nascondeva in Germania

Al termine di una operazione di intelligence che ha visto in prima linea gli inquirenti salentini, è stato ritrovato a Monaco di Baviera il quarto dei cinque latitanti sfuggito alla cattura nell’Operazione Vortice-Dejavù.

Era l’ultimo tassello mancante alla gigantesca macchina di intelligence messa in atto dalle Forze dell’Ordine salentine e non solo per completare il puzzle malavitoso che con una operazione gigantesca contro la Sacra Corona Unita ed i suoi tentacoli nella società civile –  operazione denominata Vortice Dejavù –  aveva avuto inizio esattamente un anno fa, quando l’11 novembre del 2014  erano state emesse 26 ordinanze di custodia cautelare in carcere ed erano state indagati in 52 a piede libero tra cui 3 pubblici amministratori di Squinzano per un totale di 78 persone. 

Ma il cerchio questa sera, dopo 365 giorni, si è stretto contro il penultimo latitante che era rimasto libero, il boss della Scu Patrizio Pellegrino, fratello di quell’Antonio che aveva ottenuto l’alloggio popolare nella città del Nord Salento causando l’indagine su personaggi importanti della politica squinzanese, alcuni dei quali si erano difesi con fermezza dalle accuse ricevute.
 
Consenso sociale e rapporti con la politica, questa la nuova Sacra Corona Unita’, così titolò in quella giornata leccenews24.it, poche ore dopo la conferenza stampa del Procuratore capo della Repubblica di Lecce Cataldo Motta che aveva spiegato ogni dettaglio dell’operazione premettendo che non sarebbero bastati due giorni per raccontare tutte le trame sottostanti all’indagine e agli arresti.
 
Di boss all’appello in quella giornata ne mancavano solo cinque tra cui i due fratelli Pellegrino che si era sicuri di trovare al di là delle Alpi, in Germania, Alessio Fortunato, Cyril Cedric Savary e Sergio Notaro l'altro capo del clan che alla vista dei Carabinieri si era dato a una rocambolesca fuga sui tetti.

Sergio Notaro era stato arrestato poco dopo a dicembre, trovato in una villa a Cellino San Marco.
 
Il 38enne francese, Cyril Cedric Savary, era stato localizzato e arrestato a La Corneuve – Saint Denis, una delle tante banlieues degradate presenti nei dintorni di Parigi nel mese di gennaio del 2015.
 
Antonio Pellegrino era stato arrestato il 24 maggio in Ungheria, a Nagylak, presso il posto di frontiera con la Romania, alle ore 13.00 circa. L'operazione fu eseguita dalla Polizia Ungherese, in coordinamento operativo con i militari del Raggruppamento Operativo Speciale e con il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero. Per lui era stato fatale, si ricorderà, il vistoso tatuaggio sul collo. Nell'interrogatorio del giugno di quest'anno presso il Tribunale di Roma, Pellegrino aveva fatto scena muta, preferendo non parlare.
 
Ci è voluto un po’ più di tempo per arrivare al fratello di Antonio, Patrizio, ma alla fine il coordinamento tra le Forze dell’Ordine e di polizia del Vecchio Continente ha funzionato alla perfezione.

Un grosso colpo inferto alla Sacra Corona Unita. Adesso si attenderanno le comunicazioni di rito per conoscere più approfonditamente le dinamiche che hanno portato all’arresto del boss squinzanese.

Nell'ottobre di quest'anno, durante il Processo che si è aperto a seguito dell'Operazione Vortice-Dejavù, il gup ha accolto le istanze avanzate dagli avvocati, in merito al destino processuale dei 96 imputati. Gran parte di loro dovrà comparire innanzi al giudice a febbraio del 2016 per l'abbreviato; gli altri saranno processati con il rito ordinario; uno solo ha chiesto il patteggiamento.



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