Ergastolano confessò l’omicidio di un giovane scomparso quasi 30 anni fa. La Procura chiede il processo

Angelo Salvatore Vacca, 53enne di Racale risponde del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili

Chiesto il processo per l’ergastolano Angelo Salvatore Vacca, l’omicida reo confesso di Claudio Giorgino, di cui si erano perse le tracce il 24 agosto del 1994.

La richiesta di rinvio a giudizio porta la firma del procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi della Direzione Distrettuale Antimafia. L’udienza preliminare è fissata a febbraio, dinanzi al gup Giulia Proto. In quella sede, l’avvocato Francesco Fasano, difensore di Angelo Salvatore Vacca, 53enne di Racale, chiederà il giudizio abbreviato (consente lo sconto di pena di un terzo). I famigliari della vittima, assistiti dall’avvocato Biagio Palamà, potranno chiedere di costituirsi parte civile.

Vacca risponde del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili.

Intanto sta scontando presso il carcere di Spoleto la condanna in via definitiva per l’omicidio di Luciano Stefanelli, il presunto boss emergente ucciso nel mese di luglio del 1995, a colpi di kalashnikov, nel centro di Taviano

Occorre ricordare che tre anni fa, Vacca decise di incontrare il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi, per confessare l’omicidio di Giorgino, ma come specificato dal suo legale Francesco Fasano, non ha intrapreso il percorso di collaboratore di giustizia. E accompagnò i carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce nei pressi di un pozzo dove furono rinvenute alcuni resti di ossa, nelle campagne di Matino in località “Lazzarello”. Secondo l’ergastolano, quelle ossa appartenevano a Giorgino.

Il giovane, in base a quanto si legge nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, sarebbe stato freddato a colpi di pistola, calibro 6,5 e 9, dallo stesso Vacca che lo avrebbe prima colpito a martellate, “per motivi abietti e futili, legati al mondo dello spaccio di sostanze stupefacenti”.

Occorre ricordare che dopo avere parlato con il procuratore aggiunto Cataldi, l’ergastolano ha voluto anche scrivere una lettera ai famigliari del giovane tavianese, fatta recapitare all’avvocato Biagio Palamà, legale della famiglia, per ribadire il proprio pentimento su quanto accaduto e per spiegare il movente del fatto di sangue e ricostruire la dinamica.

Vacca sottolinea nella missiva la volontà di volersi togliere un peso dalla coscienza. Inoltre, dichiara di essersi avvicinato alla fede e di immedesimarsi nella sofferenza e nel dolore dei familiari, pur consapevole dell’impossibilità di perdonarlo.

Nella lettera, Vacca riferisce dunque di sentirsi in dovere di informare la famiglia su ciò che accadde quel tragico giorno di 26 anni fa. E afferma che Giorgino si sarebbe presentato da lui con 600 grammi di cocaina, che appartenevano ad un altro soggetto. E quest’ultimo, avvertito di ciò, voleva incontrare il giovane per un chiarimento e fissò il luogo dell’incontro, anche se Vacca si era raccomandato di non fargli del male visto che erano amici e di punirlo al massimo con dei ceffoni.

Qualcosa però andò storto. Vacca, temendo che la situazione potesse degenerare era arrivato armato all’appuntamento, con un paio di pistole. Giorgino se ne accorse e spaventato gli sarebbe saltato addosso, stringendogli la gola con le mani e tentò di togliergli l’arma. A quel punto sarebbe partito il colpo di pistola. Un tentativo di difesa, secondo l’ergastolano, costato caro a Giorgino.

Vacca, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, chiese di essere interrogato attraverso il proprio legale Francesco Fasano e collegato in videoconferenza dal carcere di Spoleto venne ascoltato dal procuratore aggiunto Cataldi. In quella sede, confermò la versione dei fatti, sostenuta nella suddetta lettera.

Ricordiamo che nel corso delle indagini, venne conferito l’incarico per l’esame autoptico al medico legale Alberto Tortorella ed al professore Francesco Introna. L’autopsia non è stata in grado di confermare se le ossa ritrovate appartenessero a Giorgino, poiché quei resti risultavano troppo datati.

 

 



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