“Impedirono la nascita del bimbo”: chiesti 15 anni per la sorella e il cognato della ragazza che nascose il feto nell’armadio

Rispondono di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre, 17enne all’epoca dei fatti.

Deciso di nascondere la gravidanza e impedire la nascita del bimbo“. Il sostituto procuratore Donatina Buffelli ha invocato la condanna a 15 anni per la sorella 27enne della ragazza di Squinzano che nascose il feto privo di vita nell’armadio. Stessa richiesta anche per il cognato 46enne.

Entrambi rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre, 17enne all’epoca dei fatti.

Il pm nel corso di oltre un’ora di requisitoria ha ripercorso la dolorosa vicenda. La Procura ha sottolineato che è stato difficile ricostruire i fatti, poiché la giovane si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere.

Riguardo la posizione dei due imputati del processo ordinario, il pm ha sostenuto che “entrambi erano a conoscenza che la ragazza fosse incinta“. Inoltre, ha aggiunto che il “feto non sarebbe morto se ci fosse stato una rete familiare di aiuti e controlli”.

I due imputati sono difesi dall’avvocato Maurizio Scardia che oggi in aula ha chiesto l’assoluzione di entrambi. Ricordiamo che la sorella ed il cognato, sentiti dagli inquirenti poco dopo l’accaduto, hanno sempre detto di non essere a conoscenza che la ragazza fosse incinta.

La sentenza della Corte d’Assise (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) è prevista per le prossime settimane.

In una precedente udienza, invece, la 17enne di Squinzano (all’epoca dei fatti) ha chiesto di costituirsi parte civile “contro” la sorella e il cognato. I giudici hanno però rigettato l’istanza dell’avvocato Fabrizio Tommasi, legale della giovane mamma. Per quest’ultima, nel corso dell’udienza preliminare presso il Tribunale dei Minorenni, ha ottenuto la messa alla prova. Dunque, potrebbe scontare la sua pena, estinguendo il reato.

L’inchiesta

Non è “caduto” il grave capo d’accusa d’infanticidio, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito all’interno della casa alla periferia di Squinzano.

La Procura, dunque, contesta ugualmente, il reato a carico dei tre indagati, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Il medico legale, inoltre, ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.

Il feto privo di vita di sesso maschile, nascosto nell’armadio di un’abitazione di Squinzano, venne rinvenuto nel febbraio del 2017.

Ricordiamo che secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe occultato il corpicino del suo bambino, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.

La ragazza si è presentata il 9 febbraio dello scorso anno al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Copertino a causa di una forte emorragia. La visita ginecologica non ha lasciato spazio a dubbi: la giovane aveva dato alla luce un bambino, da poco tempo. La ragazza avrebbe ammesso di avere partorito pochi giorni prima a casa, quando non era presente nessuno.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Squinzano, diretti dal maresciallo Giovanni Dellisanti.



In questo articolo: