L’ex latitante Antonio Pellegrino ricompare dinanzi ai giudici

Il 41enne di Squinzano, si è ripresentato dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame. In giornata, infatti, si è tenuta la discussione del suo avvocato difensore, Elvia Belmonte in merito alla richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Si rivede in aula il boss Antonio Pellegrino, ritenuto il capo clan della frangia della Scu squinzanese. Quest'oggi, dopo il rinvio di martedì scorso dove aveva già presenziato all'udienza, il 41enne di Squinzano si è ripresentato dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame (Presidente Silvio Piccinno, a latere Anna Paola Capano, Antonio Gatto) e del Sostituto Procuratore Antimafia, Guglielmo Cataldi.

In giornata, infatti, si è tenuta la discussione del suo avvocato difensore Elvia Belmonte in merito alla richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, relativa all’indagine “Vortice Dèjà-vu” del 2008 e White Butcher risalente al 2013, per le quali, l'ex latitante della Sacra Corona Unita rispondeva dei reati di "partecipazione mafiosa" con un ruolo di spicco e traffico di droga aggravato dalla transnazionalità. L'avvocato Belmonte hai poi sollevato innanzi ai giudici del Riesame, che le hanno accolte, alcune questioni di incostituzionalità relative all'impossibilità da parte di Antonio Pellegrino, di poter partecipare ad un procedimento in udienza pubblica, poiché la normativa vigente glielo impedisce. Secondo il suo difensore, dunque, ci sarebbe un doppio binario della giustizia; quella "segreta" limiterebbe la libertà del soggetto interessato. Il Riesame ha stabilito di sospendere i procedimenti a carico di Pellegrino e di sottoporli al parere della Consulta.

Antonio Pellegrino, nato a Squinzano il 7 novembre 1974, venne arrestato il 24 maggio in Ungheria, a Nagylak, presso il posto di frontiera con la Romania, alle ore 13.00 circa. L'operazione fu eseguita dalla Polizia Ungherese, in coordinamento operativo con i militari del Raggruppamento Operativo Speciale e con il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero. Per lui è stato fatale un vistoso tatuaggio sul collo, che ha fatto sì che il personale intervenuto lo riconoscesse immediatamente; l’esame successivo delle impronte digitali ha poi confermato la sua identità, nonostante avesse esibito documenti falsi. L'uomo era in compagnia di altre due persone di Campi Salentina e di Squinzano che non sono però state arrestate e aveva addosso la somma di 25.000 euro in contanti.Ricordiamo che dopo l'arresto in Ungheria, venne ultimata la procedura di estradizione che riportò in Italia il boss.Fu disposto nei giorni successivi, l'interrogatorio di garanzia ed il 41enne di Squinzano fu ascoltato per rogatoria nel carcere di “Rebibbia”, facendo però "scena muta".

I carabinieri del Ros, intanto, sperano in nuovo "colpaccio", poiché sono sempre a caccia del fratello Patrizio, per il quale le ricerche sono state estese su tutto il territorio europeo



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