Lecce-Atalanta, la partita maledetta. E adesso la Poli e Guido attaccano il sindaco: ‘Dimettiti’

L’opposizione accusa il primo cittadino di non aver fatto tutto il possibile per evitare l’arrivo nel capoluogo dei tifosi atalantini. Salvemini non ci sta: ‘Non avevo poteri per farlo’

Una partita maledetta quella di Lecce-Atalanta di domenica 1 marzo. Da qualsiasi punto la si veda, da quello sportivo a quello sanitario. Un brutto pasticcio a tutti i livelli che sta innescando polemiche a non finire in città. Il caso del titolare di una nota pizzeria del capoluogo risultato positivo al coronavirus ha tolto il tappo alle tante considerazioni che circolavano da settimane. In molti ritengono (e qualcuno lo testimonia) che in quella attività ristorativa, la sera prima del match, a cena, sedeva un gruppo di supporter della Dea.

La relazione di causa-effetto tra la presenza di quei tifosi e la positività del ristoratore è da dimostrare, ma il cancello è aperto e i buoi sono scappati.

In tanti, tantissimi, prima della sfida pallonara avevano chiesto che la gara fosse giocata a porte chiuse o fosse vietata ai tifosi bergamaschi che provenivano da una zona rossa. La rassicurazione addotta, di prendere loro la temperatura corporea con il termo-scanner prima di entrare sugli spalti, è sembrata, a dire il vero una presa in giro.

La lega Calcio deve chiarire‘, aveva scritto in un editoriale su leccenews24.it l’avvocato Matteo Sances. Erano giorni in cui a Lecce si vietava in via precauzionale una gara podistica, ma ai tifosi dell’Atalanta si concedeva di lasciare la zona rossa: ‘La coerenza al tempo del coronavirus‘ avevamo titolato su queste pagine.

Il Governo aveva promesso di inserire nel dpcm emanato nella notte tra il 29 febbraio e l’1 marzo il divieto di trasferta per i bergamaschi. In tanti avevano esultato. Ma poi quel provvedimento non era stato più inserito nel provvedimento del Premier Giuseppe Conte e cosa ancora più grave, i tifosi nero-azzurri erano già nel Salento.

La sorella del titolare della pizzeria, rattristata per quanto sta vivendo il fratello, lo dice chiaramente in un post su Facebook il cui succo, in soldoni, è il seguente: «Che colpa abbiamo noi? Nessun provvedimento vietava a quei clienti di entrare nella nostra struttura. Come avremmo potuto mandarli via? ».

Ma la polemica si arrampica sul Palazzo di Città ed entra dalle finestre di Palazzo Carafa. L’opposizione attacca il sindaco per la superficialità con cui non si sarebbe opposto alle decisioni governative, proprio lui che è la più alta carica sanitaria della città. Gli imputano di essere stato troppo morbido, accondiscendente. Ma il numero 1 del Comune reagisce stizzito, chiarendo in una diretta facebook che un sindaco non può prendere provvedimenti che non sono di sua competenza. Dura la replica del vicepresidente del Consiglio, Andrea Guido, che attacca il primo cittadino sottolineandogli l’eccessiva passività alle scelte del Governo che avrebbero messo a rischio la salute dei leccesi. Una girandola di accuse che certamente non finirà a breve.

La Poli Bortone a Salvemini: ‘Dimettiti’

Il tutto era cominciato in mattinata con le richieste di dimissioni fatte pervenire da Adriana Poli Bortone.


«Salvemini dovrebbe ammettere la sua incapacità, fare una doverosa ammissione e un unico proclama: dimissioni! Ricordiamo la sua totale incuranza in Consiglio Comunale quando, per tempo, ponemmo il problema della prevenzione preoccupati del messaggio di assoluta superficialità che proveniva dalla sorridente foto del sindaco e dell’intera giunta in un ristorante cinese, quasi a sottolineare una forma di scherno verso chi avvertiva una giusta e corretta preoccupazione. Fare adesso post categorici è come mettersi l’anima in pace dopo essersi assolutamente spogliato delle sue prerogative di autorità sanitaria che al di là delle direttive nazionali e regionali avrebbe dovuto autonomamente mettere in atto in modo categorico e risoluto per la sicurezza dei cittadini e a tutela della loro salute. All’epoca, mi riferisco all’ingresso dei tifosi dell’Atalanta, avrebbe dovuto insistere in tutte le sedi opportune per evitare che venissero in città tifosi e persone provenienti da quelle che ormai erano zone rosse. Successivamente non abbiamo notato nessun intervento di igienizzazione e sanificazione in città. Una superficialità totale di cui stiamo cominciando a pagare le conseguenze».

Carlo Salvemini: ‘Non è questo il tempo delle polemiche’


«Non è il tempo delle polemiche, sono impegnato a garantire il bene dei miei concittadini. Trovo incauto e sconsiderato addebitare l’individuazione del contagio (ai supporter atalantini in città il 29 febbraio e l’1 marzo, ndr). Con i social bisogna essere responsabili perché anche inconsapevolmente si innescano situazioni di psicosi collettiva che non ci possiamo permettere in questo momento. Ricordo, però, che il sindaco non può disporre provvedimenti che non siano riconosciuti nelle sue competenze. Le disposizioni legate allo svolgimento o meno delle partite di calcio, a porte chiuse o aperte, e le autorizzazione ai tifosi per seguire le loro squadre in trasferta sono nelle mani del Governo, del Ministro dell’Interno e del Ministro dello Sport. Il sindaco non può emanare alcuna ordinanza contingibile ed urgente per tutta la durata della crisi sanitaria».

Andrea Guido: ‘Salvemini nega l’evidenza’

Andrea Guido

«Basta effettuare una semplice ricerca su Google per fare la conta di tutti i provvedimenti in materia sanitaria e d’igiene presi autonomamente, anche precorrendo i tempi, da tutti i sindaci italiani. Ma Salvemini continua a negare l’evidenza. Questa faccenda non è una questione politica. Sia chiaro. Quando si tratta di tutelare la salute dei cittadini la politica ha l’obbligo di usare tutti i mezzi a sua disposizione ed ogni questione ideologica, ogni visione filosofica, ogni esigenza clientelare e di sudditanza nei confronti di altri esponenti politici e/o Enti, in questi frangenti, deve essere messa da parte. Il suo ruolo di massima autorità sanitaria in città gli avrebbe consentito di adottare un provvedimento teso a vietare il match o, per lo meno, a imporre che si svolgesse a porte chiuse, evitando quindi l’arrivo dei tifosi da Bergamo. Ciononostante la richiesta espressa dell’opposizione e dell’Unione Sportiva Lecce».



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