Ironia e cinismo sono queste le armi utilizzate dal New York Times per dimostrare come l’olio "made in Italy" sia in realtà poco… “Italy”.
«Extra Virgin Suicide». Il suicidio dell’olio extravergine. Quello italiano. Ad attaccare uno dei prodotti principe del Belpaese è nientepopodimeno che il New York Time, che descrive il nostro mercato oleario come un «covo di truffatori». Poche parole, immagini semplici ma dal significato forte. Troppo per non avere conseguenze, per non suscitare indignazione in chi lo produce, con passione, con amore, come si faceva una volta. Perché passato il “temporale improvviso” il danno resta e incide, non poco, su uno dei settori vanto del Made in Italy. Certo il tutto è stato ridimensionato ma il polverone sollevato quello no, non accenna ad esaurirsi.
Al centro della vicenda, dunque, 15 vignette, graficamente anche simpatiche, dal contenuto decisamente “allarmistico”. Quindici fumetti, realizzati da Nicholas Blechman ispirate al libro “Extraverginità” del giornalista americano Tom Mueller (riferimento poi scomparso), raccontano, senza mezzi termini, come gran parte dell'olio “spacciato” come italiano in realtà provenga non da olive nostrane ma da Spagna, Tunisia e Marocco. Non solo: in queste nazioni le olive vengono trattate e pressate; l'olio viene poi caricato e spedito via nave. Destinazione? L’Italia, definita «il più grande importatore al mondo di olio di oliva». Al porto di Napoli, però, non arriva solo questo prodotto ma anche «olio di soia e altri oli a basso costo» che sono poi «etichettati come olio di oliva» diventando così oggetto di contrabbando all'interno del medesimo scalo portuale. Il tutto in barba alle forze dell’ordine.
Insomma, dal titolo «Extra Virgin Suicide», una parafrasi del nome del primo film di Sofia Coppola, «The Virgin Suicide», al simbolo del veleno con un’oliva e due ossa incrociate al posto del “classico” teschio, passando per il sottotitolo «l'adulterazione dell'olio d'oliva italiano» l’immagine dell’oro liquido che ne esce è sicuramente… macchiata.
Certo, l'attacco americano non fa che dimostrare l'interesse dello stato a stelle e strisce verso il Made in Italy. Ma di fronte ad informazioni così parziali e considerando i problemi che il settore è costretto ad affrontare già in casa propria viene quasi da sperare che, forse, in alcuni casi a tanta notorietà -se distorta e deleteria- sarebbe meglio un po' di sana indifferenza.
