Strage di Cursi, definitiva la condanna all’ergastolo per l’omicida. Uccise tre persone dopo lite per il parcheggio

Roberto Pappadà, 59 anni del posto, non ha proposto Appello nei 45 giorni consentiti dalla legge, dopo il deposito delle motivazioni della sentenza.

Dopo la pena dell’ergastolo, inflitta in primo grado, diventa definitiva la condanna nei confronti dell’autore del triplice omicidio di Cursi. Roberto Pappadà, 59 anni del posto, non ha proposto Appello nei 45 giorni consentiti dalla legge, dopo il deposito delle motivazioni della sentenza. L’imputato è assistito dall’avvocato Nicola Leo.

Pappadà venne condannato al carcere a vita con la formula del rito abbreviato (consente lo sconto di pena di un terzo). Il gup Simona Panzera aveva disposto anche il risarcimento del danno, in separata sede. Assistiti dall’avvocato Arcangelo Corvaglia, si erano costituiti parte civile: Fernanda Quarta, madre di Andrea Marti, la sorella Carla Marti e la convivente Simona Marrocco. Non solo, anche Fabrizio Leo, marito di Maria Assunta Quarta, (l’altra vittima), si era costituito parte civile con l’avvocato Marino Giausa.

Rispondeva di triplice omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, tentato omicidio e detenzione e porto di arma clandestina.

Roberto Pappadà, 59 anni del posto è sempre detenuto nel carcere di Taranto, ma l’ergastolo che sta scontando non è di tipo ostativo e permette di accedere ad alcuni benefici previsti dalla legge.

La ricostruzione della follia

Il 28 settembre del 2018, le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 23.00, quando Pappadà ha messo in atto il piano, uccidendo tre persone. Il primo a perdere la vita è stato Andrea Marti. Il 36enne stava rientrando nella sua casa di Cursi con la fidanzata, quando a pochi passi dalla porta di ingresso ha trovato Pappadà, fermo davanti a lui con la pistola in mano.

Qualche minuto dopo, sono arrivati in macchina Franco Marti, freddato dal vicino, la moglie Fernanda Quarta (rimasta ferita), la sorella della donna Maria Assunta, uccisa da Pappadà e il marito (l’unico illeso). I carabinieri prontamente intervenuti sul posto, sono riusciti a calmare il 57enne che, al loro arrivo, aveva ancora l’arma carica in mano.

La strage familiare, secondo quanto dichiarato dallo stesso Pappadà durante l’udienza di convalida, sarebbe stata da lui ideata per dissidi legati al parcheggio dell’auto. È ancora un mistero il modo in cui il pluriomicida sia riuscito a procurarsi l’arma priva di matricola.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo di Lecce, assieme ai colleghi del Norm di Maglie, e coordinate dal pm Donatina Buffelli.



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