La festa di Sant’Oronzo, una festa qualsiasi tra i tanti eventi estivi del Salento

Si torna a discutere della festa patronale di Lecce, in programma fra dieci giorni. I tempi sono cambiati con eventi e spettacoli tutto l’anno e la festa patronale del Capoluogo salentino rischia di perdere il suo appeal.

Torniamo ad affrontare il tema delicatissimo della festa patronale di Lecce, dopo aver espresso già lo scorso anno le nostre perplessità sull’attualità di certe manifestazioni.

In un mondo che cambia in continuazione, vocato ai mutamenti e ai cambi di passo repentini e necessari, anche la tradizione non può essere intesa come un tempo. Non bastano più le devozioni religiose per dare impulso fecondo a certe dimensioni rituali.

La festa di Sant’Oronzo a Lecce non è più quella di una volta, è vero, ma chiediamoci cosa abbia prodotto tale cambiamento, che molti considerano un cambiamento in peggio.
La tradizione è sempre quella, i ritmi sono più o meno gli stessi, si vedono e si vendono le stesse cose, il percorso è quello lì, nulla vi è di diverso. Perché allora una strisciante insoddisfazione generale? Perché la festa è brutta se alla fine è sempre quella?

La risposta è semplice: è cambiato il contesto, sono mutate le condizioni d’intorno, è cambiato il nostro grado di adattamento, la nostra capacità di confronto.

Chi vive a Lecce d’estate, vive in un tumulto di voci, suoni, immagini che producono un innalzamento enorme dei livelli di appeal di una città che fino a ieri era uno dei tanti borghi del Sud Italia, più o meno conosciuto, più o meno noioso.

La festa patronale di fine agosto aveva la funzione di ravvivare e vivacizzare il deserto estivo e riportare i leccesi a Lecce dopo un’abbuffata di mare. Oggi che al mare molti più nemmeno ci vanno e che non si abbandona la città nemmeno a Ferragosto perché più attrattiva di ogni altro luogo, viene meno la funzione stessa della festa patronale che serviva a radunare la comunità attorno alla sua identità commerciale, culturale e sociale. Oggi la nuova identità di Lecce è il turismo mondiale che essa ospita e che fatica a contenere, oggi è la quotidiana movida che detta legge, e nulla possono tre giorni di bancarelle e giostre difronte a tutto questo.

Volutamente non parliamo dell’aspetto religioso, sacrosanto in quanto tale, ma distinto ormai, nettamente distinto, dalle cosiddette celebrazioni civiche.

Non è colpa di nessuno se la festa di Sant’Oronzo non fa più storia, se non colpisce al cuore i leccesi. In fondo abbiamo perso 3 giorni all’anno, ma ne abbiamo avuti indietro 362 altri. Una percentuale che come direbbe la voce over di un noto film di Kubrick non “può dare adito a maldicenze”.



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