Il Salento ha due facce, come due costiere, due riviere marittime che ne disegnano i confini turistici, una è Otranto l’altra Gallipoli, una mezza adriatica e mezza jonica, l’altra di Jonio massiccio.
La Città dei Martiri e la Città Bella si contendono da sempre il primato del turismo. E da sempre residenti e forestieri giocano a rappresentare la quota del proprio gradimento definendosi otrantini o gallipolini, a seconda dei gusti.
Gallipoli, che nel mese di agosto diventa il comune più popoloso del Salento, decuplicando la sua popolazione, e Otranto che con la sua costa di quasi trenta chilometri possiede la maggiore disponibilità demaniale della costa salentina. La prima popolare e a portata giovanile, la seconda aristocratica ed esclusiva.
Due facce, come dicevamo, di una stessa medaglia, che raccontano esperienze diverse.
La geografia estrema di Otranto la pone a termine di paragone geografico, la ricchezza turistica di Gallipoli la rende meta di flussi importanti. Mai una via di mezzo, mai un punto di contatto, lontane nella distanza e nella sostanza, Otranto e Gallipoli andrebbero registrate meglio.
Il magma turistico gallipolino è sconosciuto a Otranto, a tal punto che talvolta si rischia la solitudine in certe serate e in certi momenti, per dirla con Ramazzotti. Così come l’appeal culturale di Otranto non è dato sul fronte occidentale, dove le fortune sono di recente matrice e non retaggio di una storia così tanto generosa da rendere Otranto la città arte e cultura per eccellenza.
Eppure una zona franca, di centrocampo attivo, ci può anche stare. Se Gallipoli fosse meno popolare e un po’ più borghese e Otranto meno formale e snob e più squisitamente salentina. Il contrasto è forte, eppure la bellezza del paesaggio è distribuita in egual misura. Sarà questione di marketing politico allora?
E' tardi ormai per analizzare ciò, l’estate, o quel che è stato spacciato per bella stagione dagli dei del sole e della pioggia, volge al termine. C’è tempo per le analisi. Mentre per il turismo bisogna darsi da fare già oggi, lasciando a ciascuno la sua vocazione e i suoi vizietti.