Fabio Perrone lascia Borgo San Nicola, ‘Triglietta’ trasferito nel carcere di Catanzaro

Scortato da dieci agenti, Fabio Perrone è stato trasferito nel carcere di Catanzaro. I difensori di Stefano Renna, invece, chiederanno la sua scarcerazione in sede di Riesame. Adesso che Triglietta ha lasciato Borgo San Nicola, infatti, verrebbero meno le esigenze cautelari.

Fabio Perrone, con un omicidio sulla coscienza e un’evasione da film alle spalle che lo hanno reso quasi un ‘idolo’, ha lasciato questa mattina il carcere di Borgo ‘San Nicola’  dove era richiuso in una cella d'isolamento con la finestra sbarrata da quanto era stato catturato, all’alba di sabato, in un’abitazione al civico numero 54 di via 2 giugno, nella sua città natale. Dieci agenti di polizia penitenziaria lo scorteranno fino a Catanzaro, dove il 42enne, considerato un ‘soggetto pericoloso’, è stato trasferito per evitare che abbia contatti con altri esponenti della criminalità organizzata.
 
Il provvedimento, emesso dal Dap, era nell’aria almeno da quando il ‘Triglietta’, avvalendosi della facoltà di non rispondere, era rimasto in silenzio nell’interrogatorio dinanzi al gip Vincenzo Brancato.  
 
A questo punto, gli avvocati, Andrea Capone e Simona Marzo, difensori di Stefano Renna, il 32enne proprietario dell’appartamento dove Perrone è stato stanato, chiederanno la sua scarcerazione nei prossimi giorni con un’istanza al Tribunale del Riesame. Con il cambiamento di “residenza” del pericoloso boss, infatti, verrebbero meno le esigenze cautelari.
 
Indipendentemente dal luogo in cui sconterà la sua pena, l’indagine andrà avanti nel tentativo di scoprire chi possa aver aiutato Perrone a nascondersi per oltre due mesi, nella sua città, grazie anche al fatto – come ha sottolineato il capo della squadra mobile, Sabrina Manzone – che nell’immaginario collettivo, il 42enne condannato all’ergastolo per l’uccisione a sangue freddo di un cittadino montenegrino, stava diventando quasi un idolo. Gli inquirenti, infatti, sono conviti che Triglietta non si sia mai mosso da Trepuzzi.  Di più, era armato e pronto a tutto, persino a sparare. Quando gli agenti lo hanno trovato accovacciato sul terrazzino dell’abitazione, pronto a saltare, in mano aveva ancora la pistola rubata all’agente in ospedale, con un colpo in canna. Nello zaino, un kalashnikov e poco più di 4mila euro in contanti. Qualcuno, più di qualcuno, dunque deve averlo aiutato nei suoi continui spostamenti di nascondiglio in nascondiglio, fornendogli cibo, un riparo e persino denaro.
 
C’è anche un altro dettaglio che non va trascusato: al momento dell’irruzione sul tavolo c’erano diverse bottiglie di birra, ma in casa c’era solo il 32enne, titolare di un bar nella cittadina, finito anche lui in manette. 



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