Moscara resta in carcere, per il gip è lui il killer di Antonio Afendi

La decisione è maturata al termine dell’interrogatorio di questa mattina, presso il penitenziario di Borgo San Nicola, durante il quale Moscara si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Il giudice convalida il fermo e conferma il carcere per Giuseppe Moscara, accusato di essere l’autore materiale dell’attentato ad Antonio Afendi. La decisone del gip Giovanni Gallo è maturata al termine dell’interrogatorio di questa mattina, presso il penitenziario di Borgo San Nicola. Moscara, assistito dall’avvocato Simone Viva, si è avvalso della facoltà di non rispondere, alla presenza del sostituto procuratore Maria Vallefuoco.

Le accuse

Il presunto killer deve difendersi da una serie di pesanti accuse. Anzitutto, come detto, risponde del tentato omicidio di Antonio Amin Afendi, raggiunto in macchina da una scarica di proiettili, il 25 ottobre scorso e salvo per miracolo.

Ci sarebbe la guerra tra clan rivali alla base dell’attentato di Casarano, subito dal 28enne di origine marocchina, astro nascente del clan “Potenza”. Il nome di Moscara viene associato dagli inquirenti a un altro grave fatto di sangue. Apparterebbe al gruppo criminale che cercò di eliminare Luigi Spennato, legato come Afendi, alla fazione un tempo capeggiata da Augustino Potenza.

Dunque, anche per questo episodio Moscara risponde di tentato omicidio. In particolare, secondo l’accusa, il 24enne sarebbe l’esecutore materiale, assieme ad Andrea Del Genio, mentre Luca Del Genio avrebbe avuto il ruolo di mandante. Moscara, inoltre, risponde di associazione mafiosa. In questo contesto, secondo la Procura, il 24enne di Casarano avrebbe dato la propria disponibilità a uccidere Ivan Caraccio, successivamente finito in manette nell’operazione “Diarchia”. Fu il pentito Tommaso Montedoro a riferire agli inquirenti del piano, da lui stesso orchestrato, di eliminare Caraccio, perché era a conoscenza di essere a sua volta finito nel mirino di quest’ultimo.

E poi c’è l’accusa di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Sono una decina gli episodi contestati a Moscara ed avvenuti tra dicembre del 2017 e maggio del 2018, a Casarano e dintorni.

Moscara risponde anche dei reati di ricettazione, distruzione della targa svizzera di un Audi e danneggiamento seguito da incendio della stessa autovettura (provento di un furto avvenuto a Lido Marini). E per quest’ultimo reato, avrebbe agito in concorso con un’altra persona che lo avrebbe aiutato a dar fuoco all’Audi utilizzata per l’agguato ad Afendi, nei pressi del centro commerciale di Cavallino.

Le motivazioni del gip

Anzitutto, secondo il gip, in merito alle dichiarazioni del collaboratore Tommaso Montedoro sul coinvolgimento di Giuseppe Moscara nel tentato omicidio Spennato, “non sussistono dubbi circa la credibilità oggettiva delle dichiarazioni in esame”.
In relazione a ciò, Montedoro ha affermato nei verbali di collaborazione:
fu così che vennero coinvolti il Moscara Giuseppe detto mozzarella, che io in alcune circostanze indicavo come il grosso, e Del Genio Andrea… da quanto ne so, confermatomi poi da Del Genio Luca successivamente, esecutori materiali dell’agguato sono stati Moscara Giuseppe, Del Genio Andrea e Caraccio Ivan. Le armi nell’occasione le portò il Caraccio…”.

La vicinanza tra il Moscara, i cugini Del Genio e Ivan Caraccio viene inoltre dimostrata dai controlli di polizia.

il giudice, nella parte conclusiva dell’ordinanza, sostiene che sussistono le esigenze cautelari, il rischio di reiterazione del reato e d’inquinamento probatorio, il pericolo di fuga per tutti i reati contestati, nei confronti di Giuseppe Moscara.
Per quanto riguarda le esigenze cautelari, il gip ritiene che “le condotte, non solo danno contezza dell’allarmante circostanza che il gruppo criminale di cui il Moscara è referente, è in questo momento pienamente operativo sul territorio, ma anche della possibile escalation criminale che può seguire alla commissione di gesta così eclatanti, posti in essere nei confronti di un membro di spicco del gruppo avverso”.

E poi aggiunge il giudice, “Deve, infatti, essere sottolineata l’estrema attualità delle esigenze cautelari, tenuto conto che l’azione criminosa si inserisce ancora una volta nell’ambito della faida che sta interessando i gruppi malavitosi operanti in Casarano e zone limitrofe e che ha avuto quale momento apicale l’omicidio di Augustino Potenza”.
Ed infine, ritiene necessaria “l’adozione della misura cautelare più grave, unica in grado di poter stroncare l’operatività dell’associazione criminosa, recidendo il rapporto dell’indagato con gli altri affiliati, impedendo fisicamente all’aderente al gruppo di reiterare ulteriori condotte delittuose e di proseguire a cooperare nell’interesse del consesso malavitoso di appartenenza”.

 



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